Se le porte si chiudono, i portoni si apriranno?

 In PROGETTI
Disse uno dei più grandi italiani (e siciliani) di sempre, Giovanni Falcone, durante una intervista televisiva, che «la mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine». Questo pensiero, che ho sempre considerato di un ottimismo spaventoso da parte di un uomo condannato a morire, mi ha accompagnato spesso nell’esame delle mie sconfitte.

Perché siamo tutti bravi a festeggiare quando otteniamo un buon risultato, sia esso un voto particolarmente gratificante alla maturità, la “lode” alla laurea, un ottimo posto di lavoro oppure uno stipendio particolarmente generoso. È molto più complicato invece gestire le sconfitte: così come nello sport, anche nella vita e nel lavoro bisogna imparare a perdere e questo è uno dei compiti più ardui che i genitori hanno nei confronti dei loro bambini: l’educare alla sconfitta.

È con molta serenità quindi, e seguendo l’insegnamento di questo Maestro del diritto, della politica e dell’etica pubblica, che sto per chiudere dopo dieci anni il mio “negozio” fotografico on-line: lo avevo inaugurato nel lontano agosto 2007, progettando tutto da solo un sito web, studiando come un forsennato per capirci qualcosa di html, css e tutte le altre diavolerie che ci permettono di leggere una pagina web, infischiandocene – giustamente – di quello che ci sta dietro.

Semplicemente chiudo il negozio perché non è sostenibile economicamente e perché – parafrasando un altro grande italiano, Enrico Berlinguer, su temi assai più alti quali l’ombrello della Nato e l’attualità della rivoluzione comunista – “la spinta propulsiva della fotografia commerciale” si sta in me lentamente esaurendo, restituendo a tale passione il ruolo che le spetta, senza rovinarla con progetti ormai non più realizzabili.

È una sconfitta, come tante ce ne sono state in passate e tante altre ce ne saranno in futuro.

Ma c’è di più: dopo tanto tempo adesso sono le parole e non le immagini lo strumento che prediligo maggiormente per raccontare storie. E questa estate che volge al termine è stata poi per me assai particolare: dopo almeno tre anni (forse anche di più) di bozze, schizzi e appunti vari, finalmente sta prendendo forma il libro che ho sempre desiderato e che avevo in mente da tempo. Ho scritto tantissimo negli ultimi due mesi, più di quanto io abbia fatto negli ultimi tre anni (blog escluso, ovviamente!). L’ho fatto spesso seduto su una panchina, proprio come questo signore, da me ritratto ad Alamo Square, uno dei luoghi più incantevoli di San Francisco: l’unica differenza è che io mi sono trovato quasi sempre a Villa Borghese, il parco romano che fa da cornice ai miei pensieri e alle mie elucubrazioni. Lì ho sperimentato la vera “solitudine” dello scrittore: ti trovi davanti ai tuoi personaggi, li posizioni nella scena che in testa già stai immaginando e cominci ad animarli, come Mangiafuoco con i suoi burattini. E ti rendi conto di trovarti solo di fronte a te stesso, a fare i conti con te stesso, con quello che vuoi scrivere, sul perché lo vuoi fare e cosa speri di realizzare. Ed è una “solitudine” bellissima!

Ho scritto tantissimo nel mio “ufficio” (così lo chiama teneramente mia figlia!) catanese: la mattina presto o la sera tardi, con le dita che a volte la notte sembravano bloccarsi salvo poi la mattina dopo risvegliarsi e digitare come se suonassero invece un notturno di Chopin!

Non so se le porte che adesso sto chiudendo nel mio negozio fotografico saranno il preludio all’apertura di nuovi portoni e di nuove esperienze: so solo che questa estate non potrò mai dimenticarla così come quella sensazione di fronte al foglio bianco che a poco a poco si riempiva e si colorava: una solitudine che tale in realtà non era perché c’erano i tuoi personaggi a farti compagnia, in altre parole c’eri tu.

 

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