Andare oltre le due RSI

 In POLITICA

Consiglio vivamente – per riflettere da sinistra ai problemi che ci affliggono in Italia – di scovare in qualche biblioteca il libro “Si fa presto a dire Russia” che Vittorio Zucconi scrisse nel 1992 quando, dopo molti anni che aveva lasciato l’Unione Sovietica, vi rientrò per raccontare come stesse cambiando la Russia, dopo gli anni del socialismo reale.

Lo suggerisco soprattutto per chi ha nostalgia di una mai realizzata Repubblica Sovietica Italiana, da contrapporre a quella – realizzata al nord – Repubblica Sociale Italiana, visione fascista della società e proseguimento dell’esperienza del Duce nei due anni di guerra civile.

Si tratta di un libro di venti anni fa ma che ci fa capire cosa significhi uscire da uno stallo lungo 70 anni. Ci fa capire cosa vuol dire vivere in un Paese dove tutto è fissato dalla legge, dove non esiste la meritocrazia, dove gli ospedali (salvo ad esempio alcune eccezioni come alcune cliniche oculistiche famosissime al tempo) cadevano a pezzi, dove tutto è pianificato e deciso dall’alto … naturalmente per tutti gli altri, i cittadini comuni, non per i funzionari del partito, la Casta dell’URSS di venti anni fa. Dove la responsabilità dell’individuo semplicemente non esiste perché non esiste l’individuo.

Consiglio questo libro perché a 90 anni ormai di distanza dalla Marcia su Roma (il 28 ottobre sarà l’anniversario della manifestazione che porto alla presa del potere in Italia da parte di Benito Mussolini) si possano  finalmente mettere da parte i due estremi di una lotta, fra destra e sinistra, del secolo scorso e si possa finalmente ragionare in termini di XXI secolo.

Capire che a sinistra dobbiamo immaginare, sognare e cercare di realizzare un nuovo mondo per tutelare gli altri, i deboli, gli ultimi: un nuovo mondo perché quello che era il modello di socialismo da realizzare ha semplicemente fallito, diventando un proliferare di caste, posizioni di rendita e corporazioni. Allo stesso tempo la destra si deve liberare di ogni retaggio della sua RSI, delle sue origini fasciste. Proprio perché anche quello di modello ha fallito e miseramente ben 70 anni fa.

Cosa sia destra e cosa sia sinistra è molto difficile da capire di questi tempi e poco appassionante mi sembra il dibattito se Monti sia di destra o di sinistra.

Ma non è sicuramente partendo da categorie del passato che si possono riposizionare le ideologie: temi come sviluppo sostenibile e qualità della vita devono essere di sinistra. Perché occuparsi delle fasce di popolazione più debole significa innanzi tutto battersi affinché queste fasce abbiano una qualità di vita decente e sempre più protetta. A sinistra bisognerebbe battersi affinché si capisca che certi servizi, quali sanità, istruzione e ricerca non possono essere considerati alla stregua di beni o servizi di altro tipo (i cosiddetti beni e servizi intermedi) e che per essi non possano valere delle regole finanziarie ferree come il pareggio di bilancio. Perché investire in salute, istruzione e ricerca consente alla società di fare un balzo in avanti nel vero Prodotto Interno Lordo che conta, quello del Benessere della Popolazione.

Ecco perché non mi appassiona il discorso sulla ricchezza individuale di una trentina di persone al governo: trovo che sia un’inutile distrazione occuparsi delle case della Cancellieri, dell’Harley-Davidson di Terzi o del fatto che la Severino abbia omesso la titolarità di una società che possiede la villa sull’Appia dove lei vive, pare del valore di 10 milioni di euro (notizia riportata in prima pagina con un bel titolone dal Fatto Quotidiano di oggi).

Non aggiunge nulla alla Politica (con la maiuscola) e semmai la svilisce ulteriormente perché ancora una volta ci fermiamo a guardare il dito che indica la luna e non quest’ultima.

Nell’affrontare le riforme necessarie del mercato del lavoro, del mercato dei servizi, delle tutele per i deboli non può essere degno di nota il fatto che un ministro sia ricco o meno.

Come direbbe Clark Gable a Rossella O’hara … francamente me ne infischio!

p.s. chi troverà il tempo di leggere il citato libro di Zucconi (preciso che non è una marchetta al giornalista di Repubblica che non ne avrebbe bisogno, ma semplicemente il libro è fuori edizione ormai!) si accorgerà di quante cose in Italia abbiamo realizzato in maniera molto simile all’Unione Sovietica pur senza essere uno stato comunista. Breznev aveva il garage pieno di auto di lusso ma formalmente era il Compagno Leonid. Sulla carta avevano realizzato la piena occupazione, pianificando anche quando la gente doveva fare la spesa e cosa doveva mangiare. Poi in realtà fioriva il mercato nero, la gente sognava i jeans e quando in Occidente succedeva qualcosa i cittadini aspettavano con ansia il sarcastico servizio della TV di stato per vedere come si vestivano le donne a Milano, Parigi e New York! Francamente ringrazio e di molto Enrico Berlinguer per aver detto di sentirsi più al sicuro sotto l’ombrello della Nato che al tavolo del Patto di Varsavia!

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