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 In MEDIA

Nei giorni scorsi abbiamo letto le reazioni degli utenti alla notizia che il popolare servizio di messaggistica Whatsapp dovrebbe divenire a pagamento anche per gli utenti Android. I possessori infatti di iPhone, a parte qualche botta di fortuna, hanno già pagato l’obolo di 0,79 centesimi allo sviluppatore.

Da quanto si leggeva sui giornali pare che l’azienda che sviluppa l’applicazione mobile possa richiedere la cifra di euro 0,79 l’anno agli utenti del sistema operativo di Google. Ora naturalmente non comprendo per quale ragione noi utenti della Mela non dovremmo pagare ma ho trovato senza misura le reazioni indignate di utenti che si rifiutavano di pagare per poter continuare a usufruire del servizio.

Capisco bene le battaglie per i principi: certo l’azienda californiana non ha mica avvisato che prima o poi avrebbe fatto pagare gli utenti. Però c’è una cosa che proprio non riesco a metabolizzare ed è questa sorta che tutto ciò che sta in rete debba essere gratuito. Insieme all’altro mito che vuole la rete assolutamente democratica, cosa impossibile da realizzare nella vita umana dato che ciascuno di noi è padrone in casa propria, la gratuità della fruizione di certi servizi sta diventando una sorta di mantra. Come se tali servizi, dalla banda larga alla messaggistica, fossero senza costo per chi li fornisce.

Non so se sia naïf o se sia semplicemente frutto di ignoranza diffusa sta di fatto che osservo sempre di più questo perorare cause affinché qualcosa prodotto da privati, che sostengono costi e che devono pagare salari, debba essere gratuito. Ciascuno di noi si imbatte in software piratati, scarica film, giornali, riviste, libri: ma se trovassero un giorno un sistema a prova di pirata e lo implementassero non credo che si potrebbe dare molto torto a chi lo possa mettere in atto. È a battaglia fra la Marina e i Pirati, e ciascuno di noi a volte indossa la divisa e altre volte ha l’occhio bendato.

Nel caso di banda larga e servizi a valore aggiunto c’è anche altro: le risorse fisiche per gestire i data center costano. Sia in termini di costi unitari, sia di manutenzione e di servizi connessi, dall’elettricità al raffreddamento, dalla sicurezza all’efficienza.

Mi piacerebbe sapere – dal punto di vista degli utenti inferociti per la scelta della Whatsapp – come dovrebbero prima o poi pagare gli stipendi, e i loro fornitori di servizi, se regalassero il loro servizio.

A meno che la strada da percorrere sia quella del Sindaco di Parma Pizzarotti che chiedeva la collaborazione di un professionista … gratis!

Basta che però la smettiamo di menarla con l’articolo 1 e il suo fondata sul lavoro!

 

p.s. naturalmente non voglio nemmeno prendere in considerazione che 0,79 centesimi di euro l’anno siano insostenibili per gli utenti di smartphone …. Sarebbe di fatto un ossimoro!

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