Quattro mesi luce

 In POLITICA

Sta finendo, finalmente!

Ancora due giorni e finalmente calerà il silenzio elettorale e la parola passerà a noi, elettori e cittadini di questo strano, assurdo, bellissimo e folle Paese. Due giorni e avremo l’opportunità di cambiare e di scommettere su una novità oppure accettare di essere trattati – per l’ennesima volta – come bambini stupidi di seconda media, secondo la fortunata definizione del Cavaliere che ha sempre sostenuto (a volte – sospetto – a ragione) che la media del popolo italiano sia attestabile sul livello di cultura di un ragazzino di seconda media e nemmeno tanto sveglio.

Vedremo se e quanti crederanno alle promesse irrealizzabili, ai soldi che pioveranno e al nuovo Bengodi. Forse è questo l’unico errore vero che hanno compiuto Bersani e Vendola, quello di non capire che la campagna elettorale era stata trasformata, da Berlusconi, Grillo e anche Monti, in un gigantesco e surreale mercato delle vacche.

Forse hanno ragione gli amici miei, stamattina, che non si scandalizzano né si stupiscono più di tanto per le code per ritirare l’IMU a Genova, dopo aver ricevuto la lettera-spot di Berlusconi. Forse non riesco a comprendere come funzioni la mente di chi non possiede memoria, di chi si ricorda soltanto che sì è vero che il Cav alzò le pensioni minime, ma dall’altro lato tolse tantissimo in termini di servizi sociali proprio agli stessi beneficiari delle pensioni minime.

A volte li invidio questi smemorati: campano sicuramente meglio di me che purtroppo possiedo una memoria da elefante!

In questi quattro mesi ho letto, studiato e cercato di capire le due campagne elettorali che più mi interessavano, quella per la rielezione di Obama e questa qui per il nostro Parlamento. A quattro mesi di distanza (pochi) mi sento di poter dire che la distanza tra l’Italia e gli Stati Uniti nel 2013 si misura in quattro mesi luce! Siderale! Pur con tutta la violenza che soltanto la campagna americana è in grado di proporre, più per distruggere l’avversario che per costruire la propria vittoria, non riesco a ricordarmi un’asta come quella alla quale abbiamo assistito in Italia.

Abbiamo visto – a settembre e ottobre – uno scontro durissimo fra Repubblicani e Democratici, fra Romney e Obama, ma mai entrambi i candidati si sono spinti a sparare le cavolate alle quali abbiamo assistito qui.

Forse anche questo dovrei rimproverare a Bersani, se non fosse che a me piace più la durezza della campagna elettorale americana piuttosto che le lettere che arrivano a casa per la fanta-restituzione delle tasse o la promessa di mille euro al mese come reddito di cittadinanza, impossibile da realizzare per assoluta mancanza di soldi.

Prendiamo spesso in giro gli americani per tante cose, ci indigniamo per la presenza in molti stati della pena capitale, inorridiamo per il possesso di armi militari ma su una cosa dovremmo prendere lezioni: il sistema di rappresentatività politico e istituzionale. Noi stiamo andando a votare – formalmente – per il rinnovo delle Camere e di fatto è un’elezione diretta del premier. Inutile girarci intorno o fare finta che l’incarico lo dà il Capo dello Stato.

Ma anche qui la memoria ….

Grillo ha sbraitato un anno intero contro Monti che non era stato eletto da nessuno, pur possedendo la più vasta fiducia parlamentare della storia repubblicana (che sarebbe quella che conta a Costituzione vigente), salvo poi tirare in ballo la Costituzione e l’assenza del premierato quando si è trattato di indicare il candidato premier. Ma veramente gli italiani sono così creduloni da pensare che in caso di affermazione pentastellata il premier sarà a rotazione perché uno vale uno? E come si farà nei vertici internazionali? E la guida dei Servizi?

E che dire del centrodestra che inventò il nome di Berlusconi Presidente sulla scheda elettorale, aggirando di fatto la Costituzione, si presentò cinque anni fa da Napolitano accettando subito senza riserva l’incarico e con la lista dei ministri in tasca, e adesso propina il balletto del capo della coalizione candidato Ministro dell’Economia e dello Sviluppo, accorpando un mega-super-ministero dopo aver sparato alzo zero contro Tremonti super ministro dell’Economia?

E Mario Monti che prima dice di voler essere riserva della Repubblica e poi non solo fonda una lista ma si allea con due dei più compromessi leader del centrodestra che hanno l’unico merito di essere stati fulminati sulla via di Damasco!

Ma anche qui la memoria degli italiani è incredibilmente labile.

A sinistra abbiamo assistito alla solita, triste e deprimente lotta su chi è più di sinistra!

Un magistrato come Ingroia potrebbe riportare in Parlamento un personaggio come Oliviero Diliberto, gran giurista per carità, ma che arrivò alla follia di partecipare alla testa di manifestazioni contro il Governo di cui faceva parte come Guardasigilli! Non che lo appoggiasse da semplice deputato: Ministro di Giustizia e Guardasigilli della Repubblica Italiana!

Il problema invece diventa – incredibilmente – il fatto che Bersani non ha promesso la luna, non ha accattivato la gente partecipando all’asta delle cazzate e per di più, dopo aver vinto 61-39 il ballottaggio con Renzi, magari non aver ceduto la vittoria al sindaco rottamatore perché più bravo in campagna elettorale.

E anche qui la memoria, ah la memoria!

Bersani tra tutti i candidati alla Presidenza del Consiglio è l’unico che può vantare apprezzamenti come Ministro (e prima come Presidente di Regione) di tutti gli altri, Monti escluso: faceva parte del miglior governo che la nostra povera Italia abbia mai avuto, il primo Governo Prodi, che restituì veramente l’eurotassa (al 60%) ma non lo scrisse in una letterina … bensì nella legge Finanziaria per l’anno successivo! E fu restituita immediatamente, con il 730!

E se è verissimo che i governi dell’Ulivo, Prodi-D’Alema-Amato, hanno avuto la fortuna di vivere un periodo di vacche grasse, riuscendo a coniugare rigore e crescita, qualcosa di diverso il centrosinistra è stato in grado di produrre. Non tutti sono stati uguali!

Ma anche questo – per la memoria degli italiani – non esiste.

Perché in fin dei conti forse ci meritiamo Berlusconi e Grillo: ci meritiamo di essere trattati come dei sudditi deficienti. Ci meritiamo di essere trattati come adepti di una setta e non come fedeli adulti di una Chiesa. Ci meritiamo di ricevere continui insulti alla nostra intelligenza da questi due imbonitori professionisti e da un irriconoscibile professore di Economia che sembra essersi accorto soltanto negli ultimi due mesi di cosa sia la politica italiana.

Ci meritiamo questo mercato delle promesse, questo continuo offrire soluzioni temporanee: ci meritiamo i condoni perché in fin dei conti sono la soluzione più semplice ai problemi di una burocrazia irriformabile. E se un partito propone la riforma della burocrazia (cavallo di battaglia di Renzi nel PD) noi preferiamo il tutto e subito di Silvio: condono fiscale, edilizio e tombale!

Sbraitiamo contro la riforma delle pensioni della Fornero mentre abbiamo accettato che fino a venti anni fa si potesse andare in pensione anche con meno di 20 anni di attività lavorativa, magari poi facendo un secondo lavoro in nero o in grigio!

Ascoltiamo chi ci dice che l’austerità dell’Europa sta ammazzando la Grecia e nulla diciamo di loro stessi, i greci, che hanno consentito che alcune categorie produttive andassero in pensione a 40 anni o che si passassero i posti pubblici in via ereditaria di padre in figlio, come si lascia in eredità un orologio.

Noi ci meritiamo questa campagna elettorale perché siamo fatti così: siamo il popolo che teme l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, perché abbiamo sperimentato il fascismo, e poi va sempre alla ricerca dell’Uomo della Provvidenza e della soluzione semplice ai problemi.

Ci meritiamo le elezioni che non producono governi perché in caso contrario il nostro voto, pro o contro che sia, sarebbe veramente un voto attivo. Invece abbiamo preferito per cinquanta anni la farsa di elezioni che servivano semplicemente a stabilire quali fossero i rapporti di forza fra DC e PSI, incrostando il sistema che inevitabilmente sarebbe scoppiato. E quando abbiamo avuto, nel 1994 l’opportunità di un sistema elettorale maggioritario, anziché preferire una soluzione più morbida sul modello di quella francese, più vicino al nostro modo di intendere la politica multipartitica, ci siamo inventati il doppio sistema elettorale, un maggioritario ma non troppo, forse per evitare che poi anche con la nostra croce, nel segreto dell’urna, potessimo scegliere attivamente.

Quante volte sentiamo “Ci vorrebbe una legge …” per qualunque aspetto della vita: siamo il Paese del “severamente vietato” perché il semplice vietato non sarebbe sufficiente. Siamo il paese della prima casa e così abbiamo la farsa di residenze separate per i coniugi e comodati d’uso gratuiti ma retribuiti in contante. Siamo il paese dei falsi separati per pagare meno le mense scolastiche e far ottenere ai nostri figli le borse di studio che però spetterebbero ad altri. Siamo il paese dei falsi invalidi o degli invalidi temporanei permanenti. Siamo il Paese dell’abusivismo edilizio, dall’innocua finestra ai palazzoni sulle coste.

Ci meritiamo che il prossimo Parlamento sia il bordello che sarà perché mai come questa volta produrrà uno specchio fedele del corpo elettorale, di un popolo devoto al mugugno e sempre alla ricerca di un capro espiatorio sul quale scaricare la responsabilità, poiché non siamo in grado – come comunità – di assumercela.

Siamo il popolo che non comprende la rinuncia del Papa alla Cattedra di Pietro: d’altronde in un Paese nel quale nessuno rinuncia alla propria, di poltrona, figuriamoci come possiamo comprendere il gesto di un uomo che rinuncia alla più importante poltrona spirituale (e di potere) dell’umanità. Cerchiamo in questo gesto retroscena e complotti, ricatti e cedimenti e non ci accorgiamo che in quel igravescentem aetatem c’è tutto: un uomo molto anziano che non ce la fa più. Siamo pronti a condannare questo gesto in nome di croci da non abbandonare, senza renderci conto che il Pontefice è il papa più anziano che la Chiesa Cattolica abbia mai avuto (gli altri sono tutti morti prima!).

Siamo un popolo che ha bisogno non di un Pastore di Anime, ma di un Pastore di corpi. Siamo un gregge di pecoroni, nemmeno troppo intelligenti, che non riescono mai a ragionare con la testa ma soltanto con la pancia, a seconda di come i propri bisogni primari e corporali siano soddisfatti o venga promesso di essere soddisfatti.

Tutto questo noi ce lo meritiamo.

Non so se lunedì sera avremo smacchiato il giaguaro: temo piuttosto, come anche Roberto D’Agostino ha scritto sul suo DagoReport, che la maggioranza parlamentare potrà anche essere trovata, ma non sarà maggioranza del paese che per la prima volta sarà dei populisti e degli assenteisti. Ed inevitabilmente sia che governi Bersani, Monti, da soli o in compagnia, sia che si chiami qualche altro coniglio tecnico dal cilindro, come Mario Draghi, presidente BCE, fra al massimo sette mesi, stavolta in autunno e senza neve, torneremo a votare.

E come ha scritto Vittorio Zucconi ieri sul suo blog, non temo certo i grillini a questa votazione di domenica prossima, ma temo la prossima elezione politica: perché la rabbia e la collera si alimenta con lo stesso populismo e il finale non è mai roseo.

Finisce qui, con questo post, la mia campagna elettorale, concedendomi due giorni di più di disintossicazione, prima del lunedì pomeriggio quando sicuramente saremo tutti incollati ai teleschermi, fra exit poll, proiezioni e scrutini ufficiali.

Cerco di esorcizzare il giaguaro guardando questa bellissima, perfetta ma infinitamente triste imitazione di Maurizio Crozza, che il comico genovese ci ha regalato due settimane fa a Ballarò:

 

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Buone Elezioni a tutti!

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