Falsi soluzioni a veri problemi

 In POLITICA

Ci stanno spiegando le tre principali forze politiche, PDL, PD e M5S, che bisogna pensare all’economia reale, a come uscire dalla crisi e come risolvere il problema della disoccupazione, specie giovanile, che costituisce il vero problema dell’Italia nell’anno di grazia 2013.

Giusto, condivisibile.

Poi quando si tratta di declinare le soluzioni la prima cosa che tutti si affrettano a comunicare, cercando di cavalcare l’ondata di protesta che è arrivata al portone dei Palazzi del potere cos’è? La riduzione del numero di parlamentari, anzi il loro dimezzamento.

Ma veramente siamo così stupidi noi in Italia che pensiamo che si risolva il problema del debito pubblico, il problema della disoccupazione giovanile, il problema della quarta, se non terza, settimana del mese di molte famiglie? Veramente vogliamo credere a forze politiche che pongono come primo punto del loro programma di governo (e lo continuano a proclamare su ogni radio e tv in cui stanno comparendo!) e che costringono gli altri a farne una specie di programma di legislatura, il dimezzamento dei rappresentanti del popolo?

Ora fermo restando che una rivisitazione dell’architettura istituzionale sia oggettivamente opportuna, non è che questa cosa qui, di maquillage istituzionale, possa portare chissà quale risparmio!

Anzi!

Facciamo due conti: siamo circa 61 milioni secondo l’ultimo censimento. Secondo quanto dice la Costituzione, sebbene la neosenatrice grillina, maestra elementare, Enza Blundo, non ne sia nemmeno a conoscenza, abbiamo contribuito ad eleggere 630 deputati e 315 senatori. A questi ultimi si devono aggiungere i senatori a vita. Ora eleggere 630 deputati significa eleggere un deputato ogni 96.825 abitanti e un senatore ogni 193.651. Qualora si dimezzassero il numero di parlamentari ovviamente raddoppierebbe il rapporto, creando un distacco addirittura maggiore fra cittadini elettori e cittadini eletti.

Sarebbe un bene questo? Dipende.

Forse sarebbe opportuno ripensare alla funzione del bicameralismo perfetto che ha avuto una sua funzione nell’immediato dopoguerra, quando i Costituenti venivano da un ventennio dopo il Parlamento era stato anche serrato!

L’altro punto all’ordine del giorno che le varie forze politiche fanno ormai a gara a proporre è sulla riduzione dei costi della politica, inserendo in essa la riduzione degli stipendi dei parlamentari e il finanziamento ai partiti. Ora anche su questa cosa: ma siamo così scemi da pensare che riducendo lo stipendio ai 1000 parlamentari risolva qualcosa per la macro-economia? Se si tratta solo di qualcosa di simbolico lo comprendo benissimo, ma ancora è sempre una visione limitata, non basata su una forza di cambiamento, ma una reazione ad un supposto sopruso subito.

Sarebbe forse meglio – ad esempio – introdurre un contratto collettivo dei collaboratori, sull’esempio del Parlamento di Westminster, anche per evitare l’imbarazzo alla povera Paola Binetti, la parlamentare teo-dem dell’UDC, famosa troppo per il suo cilicio e  poco per il fatto di essere stata l’unica ad aver pagato la tredicesima ai suoi collaboratori a Natale!

E magari introdurre dei meccanismi di controllo veri di produttività dei nostri rappresentanti. Tuttavia questo dello stipendio dei parlamentari è un falso problema e purtroppo sta diventando il lietmotiv di ogni demagogia.

Questo trovo insopportabile di questi giorni post-elettorali: quello di farci credere che ai veri problemi delle famiglie italiane, dal lavoro alla scuola, dalla sanità alle politiche sociali, dagli asili nido ai sussidi di disoccupazione, la prima risposta deve essere quella di fornirci una falsa soluzione per placare la rabbia, come se fossimo tutti degli imbecilli patentati che non riusciamo a distinguere un milione da un miliardo di euro.

 

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