#M5S e il conflitto di interessi

 In POLITICA

Tra i famosi venti punti del programma del Movimento Cinque Stelle, uno che sicuramente poteva essere condiviso era quello relativo al conflitto di interessi.

Tuttavia mi chiedo: conflitto per chi? E soprattutto interessi di chi?

In venti anni siamo talmente abituati a pensare a Silvio Berlusconi e alla sua galassia di interessi economici che non ci rendiamo conto che spesso il conflitto è anche qualcosa di più subdolo.

Certo Passera, certo Montezemolo, certo De Benedetti sarebbero portatori di grandi conflitti se decidessero di scendere in campo nella politica attiva.

Però faccio osservare che la posizione politica espressa dal Movimento Cinque Stelle, tecnicamente un’associazione fra tre privati presieduta da Beppe Grillo, è il frutto di quanto espresso su un blog, beppegrillo.it, che rappresenta un’attività commerciale perfettamente legittima.

Insomma, come ad esempio Vittorio Zucconi ha fatto osservare oggi sul suo blog, i proventi della raccolta pubblicitaria e della vendita di libri e DVD, sono sì naturalmente legittimi, ma sono propagandati dai 163 parlamentari eletti (e quindi pagati dalla collettività), che però in forza dei loro regolamenti interni sono di fatto i venditori di un prodotto commerciale, il verbo del Sacro Blog, contribuendo ai profitti dell’azienda privata di Grillo.

Purtroppo siamo un popolo talmente tanto ignorante che non soltanto abbiamo preferito voltare lo sguardo per non vedere il conflitto di Berlusconi, in cambio di qualche regalino (ICI e tolleranza all’evasione fiscale su tutto) ma continuiamo a non vedere che quando i legittimi interessi di un soggetto privato entrano di prepotenza nelle stanze del potere essi costituiscono un problema perché possono generare un conflitto con gli interessi della collettività, cioè di tutti.

E in questo conflitto di interessi che si comprende perfettamente la logica dell’attacco al vincolo di mandato che il proprietario del marchio Movimento Cinque Stelle ha compiuto qualche giorno dopo le elezioni. Perché i suoi venditori, di fatto dei dipendenti pagati dai soldi pubblici, devono rispondere soltanto alle sales policy della loro azienda.

Altro che novità: è il massimo della furbizia italiana. E si comprende perché conviene loro stare sempre all’opposizione, proprio per massimizzare i profitti della loro azienda. Diventa un gioco win-win: vincono Grillo e Casaleggio che vedono i loro guadagni dalla rete impennarsi, vincono i parlamentari, spesso come ci hanno detto precari e senza un lavoro, che per qualche anno ottengono uno stipendio pubblico, viaggi gratis (orrore orrore quando era D’Alema a viaggiare gratis, vero?) e qualche anno a Roma, deliziosa in primavera come nessuna altra città italiana.

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