Linguaggio post-apocalittico

 In POLITICA

Un giornalista di un quotidiano nazionale, al seguito di Beppe Grillo durante la campagna per le amministrative, ha postato su Twitter le parole chiave di un comizio tenuto dal leader del Movimento Cinque Stelle:

Traditori
Merda
Barricate
Diarrea Cosmica
Nano
Siamo in guerra
Dossier
Macerie

In quale altro paese è concesso a un leader politico, capo della seconda forza parlamentare e accreditato di circa 22% dei consensi nei sondaggi, di utilizzare un linguaggio così violento?

In quale altro paese può essere tollerato un simile dileggio delle istituzioni, a partire dal Colle, minacciando le barricate contro un colpo di stato immaginario e immaginato soltanto nella sua testa malata e in quella degli adepti della sua setta?

In quale altro paese è possibile che il capo di una forza politica apostrofi un deputato (regionale) del suo partito con “pezzo di merda“, senza che accada praticamente nulla all’interno del proprio movimento, ossessionato dagli scontrini della buvette di Montecitorio?

Preciso che non me ne può fregare di meno del vice presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana ma trovo indecente che il capo del Movimento Cinque Stelle abbia apostrofato Antonio Venturino quando 2.763 elettori veri (non clic!) hanno scritto il suo cognome sulla scheda lo scorso autunno alle Elezioni Regionali del 2012.

Trovo assolutamente pericoloso, e di fatto anche eversivo, che un tizio che si è posto fuori dal Parlamento, per un regolamento interno di un movimento, pretenda, in forza del proprio diritto di autore e di proprietario di un marchio commerciale, di comandare sui rappresentanti della Nazione, quindi anche i miei.

Trovo assolutamente scandaloso che nessuno – a partire da quel Partito Democratico ormai nemico giurato numero uno del Movimento Cinque Stelle – non cominci una martellante contro-campagna contro un individuo che si è ormai posto – dichiaratamente – fuori dalla Costituzione e dalle regole del gioco politico. Così come abbiamo preteso che Berlusconi non utilizzasse le regole del suo precedente mestiere, l’imprenditore, per gestire la cosa pubblica (perché l’Italia non è un’azienda e non si deve comandare ma governare), così dovremmo pretendere che se il comico Beppe Grillo vuole fare realmente politica, e ne ha tutto il diritto e le capacità, cominci cortesemente ad abbandonare il linguaggio proprio del teatro e del mondo dello spettacolo e inizi a rispettare lo Stato, la Costituzione, la Legge, gli avversari politici e soprattutto gli elettori degli altri partiti e movimento.

Parole come quelle di ieri sono violente e non ci si può lamentare poi se a qualunque evento violento, dai disordini no-TAV all’attentato ai Carabinieri, venga accostato il nome del Movimento Cinque Stelle, buttandoci in mezzo anche quelle migliaia di attivisti perbene che hanno creduto e credono ancora nella bontà della loro iniziativa.

Perché se si continua con questa violenza verbale, degna più di un film trash che della politica nazionale, la reazione forte e demagogica la dovrebbe mettere in conto.

Come avrebbe detto Andreotti, in quella infelicissima frase su Giorgio Ambrosoli, poi Grillo non si lamenti perché se l’è andata a cercare.

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