Qualcosa su cui riflettere

 In POLITICA

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Lo screenshot che vedete qui a sinistra l’ho tratto dal Giornale di stamani. Il sondaggio è di EMG per la7, quindi non imputabile al pregiudizio di Sallusti e anche se non conosco i dettagli della rilevazione delle intenzioni di voto ci restituisce uno spunto di riflessione. D’altronde è persino più conservativo di quello che vedete a destra che l’ho preso dalla App di SWG ed è stato rilevato il 6 settembre scorso. Cosa ci dicono questi sondaggi sulle intenzioni di voto?

Ci dicono che più di un elettore sceglierebbe ancora il centrodestra così come lo conosciamo, cioè guidato da Silvio Berlusconi.

E se il sondaggio di EMG dà al Partito Democratico il premio di consolazione di primo partito italiano con il 27,8% delle intenzioni di voto, tutta la accozzaglia della sedicente destra arriva al 34,8% e si aggiudicherebbe il premio di maggioranza (alla Camera) con il porcellum. In entrambi i sondaggi è dato praticamente per irrilevante il centro di Monti e Casini, ragione per cui forse i due si stanno riposizionando e cominciando a corteggiare – di nuovo – il centrodestra.

Il problema è che il centrodestra italiano è incarnazione di Silvio Berlusconi e nonostante siano due anni che non è più a capo del Governo (cosa che spesso dimentichiamo, ma tant’è!) ancora ci sono milioni di persone che affiderebbero le proprie sorti a un uomo che ha frodato tutti noi (questa è la frode fiscale!) persino quando sedeva a Palazzo Chigi.

Gli altri due dati che i sondaggi ci forniscono, cioè la scarsa penetrazione della sinistra e il ridimensionamento del Movimento Cinque Stelle sono abbastanza prevedibili. Il primo dato, perché la sinistra in Italia fornisce un’immagine di sé troppo divisa e troppo confusionaria. Ciò fa sì che giochino facile i grillini – ad esempio – con la loro stupida equazione PDL=PD, altamente disonesta sul piano intellettuale ma che sortisce sicuramente effetto negli incazzati cronici.

Il secondo dato ci dice che il Movimento di Grillo non sfonda, è lontano dalla maggioranza relativa (15 punti a Berlusconi non li recuperi facilmente, caro Beppe! Siete bravi entrambi in campagna elettorale, ma credo che Silvio abbia dalla sua più chance) e quindi si porrà per loro nuovamente l’interrogativo di cosa farsene di questi voti.

Magari forse si augurano che il PDL e Silvio Berlusconi tornino a guidare il Paese così potranno giocare facile all’opposizione, fagocitando magari quello che resta del PD.

Infine l’ultima considerazione: tra la maggioranza relativa del PDL e il 20% circa dei grillini, il dato disarmante – almeno per chi spera sempre nella maturità che prima o poi affiorerà nel popolo italiano – è che quasi il 55-60% degli aventi diritto voterebbe per due fazioni politiche populiste, personalistiche e fondamentalmente autoritarie e di una destra becera.

Cioè a distanza di 70 anni dalla deposizione di Mussolini, nonostante anni e anni di democrazia parlamentare con le leadership ben distribuite e calmierate all’interno della Democrazia Cristiana, con una Costituzione nata proprio per contrastare le derive personalistiche che ci avevano portato nel 1922 al Fascismo (sì lo so, ho l’ossessione della Storia di questi tempi!), quasi due elettori su tre preferiscono votare per movimenti e partiti che non sono democratici, che sono espressione dell’ego del loro leader, che sono in un caso costituiti dai dipendenti del padrone, nel secondo caso il padrone stesso è persino proprietario del marchio.

Sicuramente la probabile vittoria di Renzi al Congresso del PD cambierà – di poco – la situazione e magari il PD, con gli alleati del Centrosinistra, potrebbe riuscire a ribaltare la classifica e piazzarsi intorno al 40% che gli consentirebbe – a legge elettorale vigente o con il ripristino del Mattarellum o qualunque altra legge con premio di governabilità – a vincere le elezione e governare.

Ma resta sempre il problema che la maggioranza degli italiani preferisce l’uomo forte, preferisce il Duce, il Conducator, l’Unto del Signore anziché voltare pagina e costruire – veramente – due o tre alternative democratiche che si confrontano, con leader pro tempore e non con dinastie familiari o imprenditoriali.

 

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