Fall in Rome

 In LIFE

Lo spiegano in qualunque corso di fotografia da principiante, sia che venga tenuto dalla reincarnazione di Ansel Adams in prima persona sia da qualunque professionista di periferia. La migliore “luce“, quella che ispira, che “disegna” i soggetti che intendiamo riprendere, che suscita l’emozione, è alle prime ore dell’alba o alle ultime ore del giorno.

È la luce che crea i cieli più drammatici o li colora dell’azzurro più intenso, che riscalda e non taglia.

Così ti capita di svegliarti un po’ prima del solito, impiegare molto meno tempo rispetto a quello che usualmente sei solito spendere, indossare il casco e metterti sulla tua moto per la nostra Capitale quando ancora la confusione delle famiglie in direzione “scuola” è lungi dall’arrivare.

Complici gli ultimi giorni dell’orario estivo, in attesa che i depressi fanatici dell’ora solare comincino la solita litania del recuperare un’ora di sonno (ah sapessero quante ore avrei da recuperare per tutto il sonno perduto in questi ultimi cinque anni!), il cielo sopra Roma stamattina è di una bellezza mozzafiato.

Un aria friccicarella, non molto traffico per strada che non guasta mai e non ti obbliga al solito slalom fra buche e tombini: persino i lavori della nuova stazione delle metro ti appaiono diversi, sotto un’altra luce, nemmeno fossero il cantiere di un nuovo colosseo.

Poi ti infili su Corso Trieste verso Piazza Istria, mentre ancora il quartiere alto-borghese sembra quasi sonnolento, e ti trovi quell’attico in fondo a via Bisagno, che spesso nemmeno te lo fili tanto smog hai davanti, con quella sua torretta, così ben illuminato da Fratello Sole, che ti sembra quasi il Cupolone.

Prosegui lungo il viale che conduce al Giulio Cesare, liceo classico di vendittiana memoria, e dalle cuffie del tuo iPhone, schermate dai rumori del traffico grazie al casco integrale, arrivano alle tue orecchie le note e le parole di una versione unplugged della canzone “Di sole e di azzurro” di quella che – a mio parere – la più bella voce contemporanea della musica italiana, Giorgia (sì ammetto, c’è una certa solidarietà generazionale e non sono molto preparato sulla X-factor generation!).

E mentre la voce nera della cantante romana ti accarezza con quel suo “voglio parlare al tuo cuore” in men che non si dica sei immerso in un quartiere Coppedè che è ancora in pieno risveglio e sembra quasi ferragosto se non fosse per il freddo che avverti muovendoti.

Guardi Piazza Mincio, la Casina delle Fate, i palazzi attorno alla fontana e comprendi perché Roma è mignotta.

Perché l’avresti detestata se soltanto fossi partito un quarto d’ora dopo, se solo ci fossero stati dieci gradi in più di temperatura, se anziché quella canzone scritta da Zucchero fosse partito qualche altro pezzo dalla playlist casuale che ascolti.

E invece eccola lì l’Urbe a ricordarti che anche se non te ne sei innamorato, se forse non te ne innamorerai mai avendo lasciato il cuore da un’altra parte, forse un pochino – a quell’ora del mattino – cercherai di amarla e magari chissà troverai la forza e il tempo di cacciare fuori la macchina fotografica e di immortale quel cielo, quel sole e quell’azzurro.

 

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