Colpa degli altri, colpa di nessuno

 In POLITICA

Basta dare un’occhiata alla rassegna stampa di oggi, la trovate su ilPost.it, su BlitzQuotidiano o in video su SKYTG24, per farsi un’idea dello stato di salute dell’opinione pubblica italiana. D’altronde anche lo stucchevole dibattito politico di ieri, con i morti ancora caldi, hanno confermato – se ce ne fosse ancora bisogno – della nostra passione nel voler trovare immediatamente un responsabile, un capro espiatorio, in maniera tale da poter archiviare subito l’ennesima – e certamente non ultima – tragedia che il nostro Paese sta vivendo. Ieri sera – a Ballarò – Beppe Severgnini affermava come soltanto da noi non esista un tempo “etico” del lutto, del cordoglio, dell’aiuto e di come immediatamente ci si debba scornare – politicamente – per trovare un colpevole, chiunque possa essere additato come l’orco cattivo.

Nessuno – tranne Renato Soru, ex Presidente proprio di quella regione, ieri sera a Radio Capital intervisto da Vittorio Zucconi ed Edoardo Buffoni – ha osato mettere sul piatto un altro tipo di responsabilità, quella individuale di ciascuno di noi.

Siamo sempre molto solerti nell’additare agli altri, soprattutto i politici di turno e al potere, la responsabilità di una tragedia, del dissesto idrogeologico, della mancanza di controlli, delle tangenti (degli altri) e nessuno che invece osi dire che l’individuo in sé ha invece molta più responsabilità di quella che è propenso a riconoscersi.

E non mi riferisco soltanto all’evidente corresponsabilità nelle scelte politiche, specialmente nel momento supremo delle elezioni (sono i sardi che hanno spedito a casa Soru e il suo progetto di mettere in sicurezza il territorio), ma a tutte quelle scelte che ogni giorno noi compiamo, spesso senza meditare le conseguenze.

Non è soltanto colpa dei politici di turno, rei magari di non aver generato i controlli previsti sull’abusivismo: non hanno certo costruito da soli. C’è un sistema complessivo, che parte dai cittadini e arriva ai professionisti del settore, che dovrebbero intervenire di fronte alle “richieste” di abuso.

Ma l’aspetto della cementificazione spregiudicata, in barba a qualunque buon senso e persino a ogni rispetto per il patrimonio ambientale e paesaggistico che costituirebbe un asset strategico in qualunque paese avanzato, è soltanto uno degli aspetti della responsabilità individuale di ciascuno di noi. Lo ricordava il fondatore di Tiscali ieri: ogni volta che abbandoniamo un materasso, una lavatrice, un divano nel letto di un torrente che ci sembra secco e che pensiamo stoltamente di adoperare come discarica privata, compiamo due scempi. Il primo ai danni dell’ambiente perché contribuiamo a creare il tappo che prima o poi potrebbe far esplodere il bubbone; il secondo nei confronti dei nostri figli. Come può confermare chiunque abbia avuto dalla vita il dono di un figlio, i nostri bambini vivono di esempi e di modelli di comportamento: abituarli a gettare l’immondizia correttamente, spiegare perché esistano diversi tipi di cassonetti o di secchi, educarli al rispetto dell’ambiente e del riciclo, non è la bizza di qualche annoiato genitore, che magari si compra persino la macchina per il compost e la tiene nel giardino di casa propria per contribuire alla salvaguardia dell’ambiente (peraltro la vendevano recentemente in un discount a due passi da casa mia, in piena Roma, qualche tempo fa ed è una cosa che chiunque abbia un giardinetto privato potrebbe fare tranquillamente, anche se nel proprio paese o quartiere la raccolta dell’organico/umido non è realizzata). Ma è soprattutto l’esempio e la linea guida da dare ai propri figli, i quali – si spera – attraverso taluni modelli educativi potranno a loro volta replicarli, né più né meno del cagnolino fedele di casa.

Siamo l’unico Paese al mondo con un ordine professionale per ogni cosa e persino l’associazione fotografi italiani stava pensando qualche tempo fa a un disegno di legge da proporre in Parlamento per la costituzione di un ennesimo (e inutile) ordine associativo professionale, salvo poi guardare i numeri in rete per capire come la professione non si salvaguardia di certo attraverso un nuovo dazio per entrare.

In molti sostengono che la presenza di tali ordini sia garanzia per i cittadini perché – generalizzo – si preferisce che un ponte lo costruisca un professionista certificato da un ordine piuttosto che un altro lavoratore, magari proveniente da un altro Paese dell’Unione Europea e che – si sostiene – viene in Italia a rubare il lavoro, come l’idraulico polacco.

Ebbene l’altro ieri un ponte in Sardegna si è letteralmente sbriciolato. Ovviamente non sarà responsabilità diretta dei colleghi dell’Ordine provinciale competente che ne hanno supervisionato la costruzione o diretto l’esecuzione. Tuttavia colpisce come in Italia, nell’anno di grazia 2013, i ponti si sbriciolino non per un terremoto del 10° grado della scala Mercalli ma per il maltempo.

I professionisti del settore, così solerti nel difendere la loro lobby e il loro fortino, dall’assalto dei lanzichenecchi provenienti dagli altri Paesi dell’Unione, sono sicuri di essere esenti da ogni responsabilità di fronte allo scempio del territorio italiano che si è fatto in tutti questi anni? Quanti hanno firmato progetti impresentabili, hanno chiuso un occhio di fronte all’olio che ha lubrificato l’ingranaggio di certi appalti, in nome della loro pagnotta?

Infine un’ultima considerazione sugli allarmi e sulle solite e stucchevoli polemiche che vedono gli enti locali e la Protezione Civile sempre su barricate opposte: come insegnano i giapponesi i piani di evacuazione, le prove sul campo, le esercitazioni non sono bizzarri costumi orientali, in un Paese dove l’ordine regna sovrano e che magari sfottiamo pure con un sorrisino supponente.

È soltanto attraverso una presa di coscienza di ciò che di terribile e tragico possa avvenire (sebbene prevedere che la pioggia che solitamente cade in sei mesi si concentri in una sola giornata è umanamente difficile da concepire) che si può riuscire a provare di salvare quante più vite possibile di fronte alle tragedie e alle catastrofi naturali.

Ma la coscienza – per definizione – è individuale e soltanto a partire da ciascuno di noi, di quello che possiamo fare sul campo, da cittadini, da professionisti e da politici, che possiamo pensare di generare un progresso sostenibile.

Tutto il resto è  polemica spicciola che serve soltanto a creare caos e a non cambiare proprio nulla.

 

Recommended Posts
CONTATTAMI

Per qualunque informazione scrivimi e ti risponderò al più presto possibile.

Not readable? Change text. captcha txt
0
VINCENZOPISTORIO.COM