Oggi penso

 In EAST RIVER

Oggi penso alle catastrofi. Oggi penso ai morti di ieri e ai morti di oggi, e ringrazio l’argilla.

Penso che dopo il saluto “how are you?”, “I have no time” sia la frase più pronunciata in tutti e cinque i distretti di New York, forse pareggiata solo da “I am crazy busy”. Ebbene, nel vortice delle corse metaforiche contro il tempo e delle corse letterali da un posto all’altro, da un lavoro all’altro, da una biblioteca all’altra, io sono più volte caduta ultimamente… metaforicamente caduta, è chiaro. E poi mi sono anche metaforicamente rialzata. “You gotta do what you gotta do” compete con le altre frasi di cui dicevo.
Eccomi dunque nel mio meraviglioso ossimorico mondo: leggo tutto il giorno, perciò non ho tempo di leggere. Scrivo tutto il giorno, perciò non ho tempo di scrivere. Apro la pagina del giornale e faccio uno skimming dei titoli prima di tornare ai miei file. Una lettura veloce… Mi accerto solo che l’Italia sia ancora là dove l’ho lasciata. Berlusconi ha fatto un’altra delle sue imbarazzantissime affermazioni. Tutto normale. I politici si dividono e si attaccano restando amici come prima. Tutto normale. Mi assicuro che ci sia qualche intercettazione scandalosa e una mozione di sfiducia da votare. Poi controllo che Renzi continui ad attaccare il proprio partito e che il M5S continui a gridare fino a diventare afono. Tutto normale. Sono contenta che sia tutto normale. Sono però più contenta, egoisticamente, di non esserci, di non sentire le parole urlate. Posso chiudere la pagina e passare ai miei file, sollevata. Tutto normale.
Ma non è tutto normale quando vengo a sapere, in ritardo, di quello che è successo in Sardegna, un giorno in cui sono stata troppo impegnata per aprire il giornale, per leggere, per scrivere, per vivere. È la mia prozia novantaduenne a spalancare la mia finestra sull’Italia, a dirmi del disastro e dei morti. La mia prozia novantaduenne guarda la tv degli italiani all’estero e si dispera ancora perché Silvio ha rovinato l’Italia, ed è sospettosa di Renzi, mentre le piace Letta e il governo delle larghe intese (per una volta che si sono messi d’accordo un po’ tutti…). In questi giorni è arrabbiata perché nascono sempre nuovi partiti, ma in fondo vuole bene ad Alfano che ha abbandonato Berlusconi.
Oggi ancora si parla del disastro nella tv italoamericana. Sento il racconto di una ragazza precipitata con la macchina da un ponte, sempre mediato della mia prozia novantaduenne. Ma c’è un’altra tragedia nella mia mente, di cui mi ricordo sempre, ma specialmente oggi. E decido di fermare il vortice degli ossimori e di leggere davvero il giornale, e di scrivere ai miei ai miei 25 lettori (magari!) e di correre senza metafore ai piedi. E penso alle mie tenue radici piantate nell’argilla di un piccolo centro irpino. Dicono che il 23 novembre 1980 l’argilla salvò il mio paese dalla distruzione, mentre altre cittadine costruite sulla roccia crollarono e seppellirono più di tremila vite. Oggi penso alle catastrofi. Oggi penso ai morti di ieri e ai morti di oggi, e ringrazio l’argilla.

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