Lettera di un elettore di sinistra a @matteorenzi

 In POLITICA

Caro Matteo,

fra dieci giorni – salvo sorprese dell’ultimo minuto – verrai incoronato quinto segretario del Partito Democratico, dopo Veltroni, Franceschini, Bersani ed Epifani.

Forse in realtà tu sarai il primo vero segretario del partito perché rappresenti la nuova generazione dei politici di centrosinistra e questa è l’unica vera e gradita novità di queste elezioni primarie per l’elezione del segretario del PD, poltrona contesa fra tre politici abbastanza nuovi, a meno che si voglia spacciare per vecchio Gianni Cuperlo soltanto perché da giovane aveva presieduto la FGCI ed era responsabile comunicazione con D’Alema a Palazzo Chigi.

Personalmente non parteciperò alle primarie: vedi, caro Matteo, le vicende dell’aprile scorso mi hanno molto segnato. Come sia stato possibile che un partito abbia bruciato due padri fondatori in due giorni rimane un mistero. Tuttavia non è soltanto per questa ragione che non mi recherò ai gazebo nonostante mi sia sempre ritenuto un libero pensatore ed elettore di sinistra e del PD.

Le ragioni sono diverse.

Innanzi tutto ritengo questo strumento delle primarie così come è stato concepito profondamente sbagliato. Si sta eleggendo un segretario di un partito che è sempre un’associazione di iscritti, con tanto di statuto, cariche, tesoreria e organizzazione. Per quale ragione il segretario politico debba essere scelto da chi non è iscritto allo stesso non riesco proprio a capirlo. Ho partecipato con entusiasmo sia alle prime primarie, quelle che videro la vittoria di Prodi, e quelle – tutto sommato – avevano un senso, sebbene Di Pietro e Bertinotti avessero poche oggettive chance di vittoria, sia a quelle dello scorso anno.

Questa americanizzazione del partito, in un Paese profondamente diverso dagli Stati Uniti, la trovo controproducente. Il percorso con il quale si arriva all’elezione del segretario, a differenza delle primarie in America, è altamente divisivo, porta a conflitti difficilmente componibili a breve, specialmente se una campagna elettorale dovesse affacciarsi fra qualche mese. Negli USA – ricorderai – le ultime primarie democratiche, cominciate nel mese di gennaio del 2008, portarono alla Convention di Denver che vide la Clinton richiedere la sospensione del conteggio formale dei delegati e proporre di nominare per acclamazione Barack Obama per la candidatura poi vincente per la Casa Bianca.

Ovviamente non sono così ingenuo da pensare che i negoziati fra i due staff non si siano svolti fino all’ultima primaria nell’ultimo stato: l’immagine però che il partito dà agli elettori non è – come in Italia – una lotta intestina fra due schieramenti bensì una progressiva convergenza verso la vera vittoria finale che conta, quella contro l’avversario repubblicano.

Non sono un tuo elettore, caro Matteo, e lo scorso anno mi sono speso – nei miei piccoli e insignificanti spazi nel mare di internet – per sostenere la candidatura di Pierluigi Bersani. Tuttavia pur non condividendo in molte parti il tuo programma e la tua vision, troppo farcita di neoblairismo e di un neoliberalismo storicamente sconfitto dalle tristi vicende del crack finanziario del 2008, se tu un giorno sarai candidato alle elezioni politiche per il centrosinistra il mio voto lo avrai.

Ad alcune condizioni però.

Innanzi tutto sarebbe bello che tu – dalla sera dell’Immacolata, quando cominceranno ad arrivare sui nostri schermi i dati del tuo trionfo – cominciassi ad abbandonare la retorica da campagna elettorale permanente e cominciassi a individuare seriamente i nostri avversari: non siamo noi all’interno della sinistra, Matteo.

Non è Gianni Cuperlo, con il quale dovresti – a mio modesto avviso – recuperare un accordo alla stessa stregua di quello che Clinton e Obama fecero nel 2008: l’avrai sentito anche tu nel corso delle ultime trasmissioni televisive. È un uomo molto intelligente, di un’intelligenza fine, da non vedere sprecata mai.

Non è Pippo Civati, con il quale avete persino cominciato insieme un cammino e che comunque rappresenta un’anima importante del partito, quella di sinistra che non si sente rappresentata da te o dal vecchio establishment che i media addebitano a Cuperlo (che poi sarebbero solo D’Alema, Bersani e Fioroni, visto che la maggior parte dei big storici del PD appoggia la tua ascesa).

E non sono avversari nemmeno l’ex premier e l’ex segretario.

Non lo è Nichi Vendola, non lo è Achille Occhetto, non lo è Maurizio Landini, non lo è Susanna Camusso.

L’avversario del PD, caro futuro segretario, è la destra, il centrodestra, che ormai si incarna in una triplice versione: Berlusconi, Alfano e Grillo. Sono loro che dobbiamo battere alle elezioni e sono abbastanza fiducioso che tu ce la possa fare alle prossime elezioni politiche. Sei un animale politico da campagna elettorale, senza offesa, così come lo sono Berlusconi e Grillo qui in Italia, così come lo è il vecchio leone democratico americano Bill Clinton o il Presidente Obama.

Hai ragione, Matteo, quando affermi che bisogna recuperare i delusi di Berlusconi, di Grillo, coloro che se ne stanno a casa: bisogna prenderli per mano e portarli alle urne per farli votare centrosinistra. Ma devi stare attento, caro Matteo, ad un cosa: nella foga di voler recuperare il cosiddetto voto dei moderati (che peraltro tanto moderati questi berlusconiani e questi grillini non mi sono mai sembrati) cerca di non perdere quelli di sinistra.

Perché il PD è sì un partito nuovo, nato solo sei anni fa, ma ha al suo interno le migliori tradizioni riformiste del nostro Paese. Chi – tra gli elettori – è rimasto fedele al PD lo ha fatto perché rappresentava il meglio della proposta politica dei popolari, democristiani di sinistra, e di quel Partito Comunista di Enrico Berlinguer che soltanto una mente – ormai acclaratamene criminale – come quella di Silvio Berlusconi poteva concepire come stalinista, in continuità con i disastri del socialismo reale sovietico.

Il tuo compito – caro Matteo – sarà difficile perché dovrai recuperare i voti da destra senza perdere quelli di sinistra.

Se posso permettermi un consiglio: evita dalla prossima settimana di infilarci in una campagna elettorale permanente, come quella che abbiamo vissuto negli ultimi venti anni. Berlusconi dava il suo meglio nella propaganda e proprio per questo ha sempre mantenuto questi toni. Dimostra che chi ti definisce un piccolo Berlusconi (il dubbio l’ho avuto anche io e spesso ce l’ho ancora) sbaglia. Trova con Enrico Letta il modo di collaborare per non disperdere il patrimonio che lui rappresenta specialmente all’estero, dato che tu hai scarsa esperienza e notorietà oltre le alpi: credo che il prestigio internazionale acquisito e le sue competenze tecniche non possano essere gettate via in nome di una primaria permanente per la poltrona di Palazzo Chigi.

Infine – caro Matteo – ti auguro sinceramente di avere la forza di reggere tutta l’incredibile (e per certi versi inguardabile) infatuazione che osserviamo sui media negli ultimi giorni. Persino Michele Santoro – che per storia personale e idee dovrebbe forse più avvicinarsi a Civati che a te – sembra così desideroso che tu ti prenda il Partito solo per vedere spazzare via un’intera classe dirigente.

Ma io, e con me molti altri, non siamo così giovani e sprovveduti da credere che l’incredibile parterre de roi che ti sta spingendo verso la segreteria non pretenda – a tempo debito – qualcosa. Ho solo tre anni più di te, caro Matteo, e sono stato più fortunato avendo potuto votare nelle ultime elezioni della cosiddetta Prima Repubblica (votai PDS, secco, senza preferenza).

Quando moltissimi dirigenti di partito – a partire da Franceschini, quando la quasi totalità dei sindaci – i veri potentati locali come sei tu a Firenze, quando quasi l’intero panorama dei media progressisti, e anche quelli berlusconiani, appoggiano la tua candidatura, sappiamo bene che a un certo punto passeranno all’incasso.

I sindaci delle principali città italiane – amministrate direttamente o indirettamente dal PD – sono dalla tua parte: Marino, Pisapia, Fassino, Emiliano, Bianco, Orlando, De Luca.

Potremo certo far credere ai ragazzi di sedici anni, freschi studenti liceali, amanti – come lo siamo stati noi venticinque anni fa – che la politica è passioneidealicambiamento, riforme. Ma – adesso che siamo cresciuti – sappiamo bene che la lotta politica è anche conflitto fra legittimi interessi contrapposti.

Ecco, Matteo, io non avrò mai la possibilità di entrare dentro Palazzo Chigi e affacciarmi su Piazza Colonna: dovrò sempre limitarmi a guardare da fuori il Palazzo del Governo. Quello che ti auguro – quando un giorno vi entrerai e siederai sulla poltrona che adesso è occupata da Enrico Letta – di avere sufficiente forza per saper dire i no che inevitabilmente arriveranno.

Perché come diceva Jack Kennedy: il mondo appare assai diverso quando lo guardi dalla finestra dello Studio Ovale, e tutto quell’entusiasmo, quell’infatuazione, questa sorta di delirio collettivo che c’è oggi per te, un domani potrebbero trasformarsi in collera e rabbia, secondo peraltro la sempre attuale tradizione della sinistra che – quando produce un leader vincente (vedi Obama) – ripone sempre un eccesso di aspettative che inevitabilmente andranno deluse, quanto meno per l’enorme quantitativo di esse!

In bocca al lupo, caro Matteo.

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