Sindaci e Presidenti

 In POLITICA

Dato che siamo in luna di miele, dopo il trionfo di Matteo Renzi domenica, e quindi ormai siamo quasi tentati di delegare al segretario del Partito Democratico persino la salvezza del Catania Calcio (roba da moltiplicazione di pani e pesci, tanto per intendersi!), voglio dire adesso una cosa non per fare il bastian contrario contro il neo segretario, ma perché ho purtroppo una memoria così elefantiaca da ricordare cose che forse chi adesso pensa che la democrazia diretta, senza mediazioni, sia la panacea di ogni male, non ricorda più.

Ieri sera la neo responsabile PD per le riforme Maria Elena Boschi ha affermato che la posizione del nuovo gruppo dirigente del PD sulla legge elettorale è quella maggioritaria, con collegi uninominali, sul modello dell’elezione dei sindaci, per arrivare – quindi – all’elezione del Sindaco d’Italia.

Dunque cerchiamo di chiarire una cosa: il sindaco d’Italia non esiste.

I cittadini sono chiamati a rinnovare le Camere, non a scegliere l’esecutivo. Se invece si vuol perseguire la riforma della Costituzione in senso presidenziale, cioè che i cittadini quindi abbiano – con il loro voto – la possibilità di scegliere la guida dell’esecutivo – si abbia il coraggio di presentare un progetto di riforma in senso presidenziale.

Questo perché ho ricordi ben fissati in mente di quando, prima della scadenza del suo mandato al Quirinale, Francesco Cossiga ebbe un durissimo scontro con il Presidente del Consiglio del tempo, Giulio Andreotti, senatore a vita da lui stesso nominato, e in una delle sue tante esternazioni della seconda parte del settennato Cossiga affermò: “In un conflitto fra il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio, il primo resta, il secondo va via“.

Ora se quel conflitto lì avveniva in piena prima repubblica, con un sistema parlamentare definito da una legge elettorale proporzionale, con un Presidente eletto a larghissima maggioranza al primo scrutinio, non è difficile prevedere che un conflitto fra un Presidente della Repubblica e un Primo Ministro eletto o indicato esplicitamente dal corpo elettorale, per di più senza una vera riforma dei poteri di controllo, avrebbe un effetto deflagrante, come peraltro possiamo ben ricordare dai conflitti fra Colle e Palazzo Chigi quando al Governo c’era Silvio Berlusconi e i tre inquilini del Colle erano Scalfaro, Ciampi e ultimo il primo Napolitano.

Se si vuole un esecutivo forte si abbia il coraggio di eleggere il Presidente della Repubblica e di mettere mano a tutta l’architettura costituzionale che dovrà rappresentare i poteri di controllo e di bilanciamento dei poteri dello stesso.

Non c’è nessun paese al mondo (provarono in Israele e tornarono indietro) dove il capo del governo viene “eletto” dai cittadini. Nell’Unione Europa, tolti il Portogallo e la Francia (che eleggono il Capo dello Stato), abbiamo due diverse architetture istituzionali: nelle nazioni fondatrici della comunità è prevalente la forma parlamentare, mentre in quelle nazioni entrate dopo il dissolvimento del Patto di Varsavia, sono molto più frequenti le repubbliche presidenziali, per ragioni abbastanza ovvie, perché la fine dei regimi comunisti e la ritrovata libertà delle popolazioni hanno necessariamente fatto saltare la mediazioni con il partito.

In tutti quei paesi dove il Capo dello Stato, sia esso un sovrano come nelle antiche monarchie europee o un Presidente come in Italia, in Germania o in Austria, il Governo nasce dal Parlamento e con esso ha un certo legame fiduciario. Non esiste nessun paese europeo dove la scelta del Capo del Governo è affidata al corpo elettorale, senza che siano predisposti i contrappesi costituzionali per evitare derive plebiscitarie e autoritarie.

Per restare al PD e alla sua proposta ben vengano i collegi uninominali perché in questo modo si realizza un rapporto diretto fra collegio elettorale e deputato, che è prevalente rispetto a un doppio turno di coalizione che vedrebbe – de facto – una competizione elettorale presidenziale tutta televisiva, demagogica, propagandistica. E le tre campagne con il porcellum ci dovrebbero aver insegnato di quanto siano pericolose e soprattutto brutte tali competizioni elettorali.

Matteo Renzi faccia pure il sindaco di Firenze ma l’Italia non è una città e non si amministra ma si governa, che sono cose differenti. Faccia il segretario del PD e magari dopo il Primo Ministro sull’esempio di quanto accade nel Regno Unito o in Germania con il Cancelliere. Ma non si pensi che la soluzione al problema della governabilità o della stabilità passi attraverso un modello istituzionale o un modello elettorale.

Il Regno Unito ha un sistema elettorale vigente da oltre cento anni eppure nessuno si sognerebbe mai di pensare a un Capo del Governo eletto direttamente dai cittadini.

 

p.s. Sempre nel Regno Unito il segretario del partito viene eletto dagli iscritti a quel partito. E quando il proprio partito lo sostituisce, come avvenuto ad esempio nell’avvicendamento fra Thatcher e Major e fra Blair e Brown, non è che tutta l’architettura istituzioanle crolla. Semplciemtne cambia il Governo, viene proposto alla Regina un nuovo nome, viene varato un nuovo esecutivo, mentre il Parlamento non si scioglie. Certo il Primo Ministro ha il potere di chiedere nuove elezioni, ma solitamente le chiede quando sa di vincerle, come fece Tony Blair l’ultima volta. David Cameron è stato battuto pure sull’intervento in Siria: non è che si è dimesso. Si chiama dialettica parlamentare, separazione dei poteri, concetti difficili da comprendere nel nostro Paese. Nella Germania c’è la sfiducia costruttiva, cioè se un Cancelliere viene sfiduciato può essere sostituito se c’è una maggioranza alternativa, perché è il Bundestag a detenere il potere.

Siamo sempre così solerti nell’importare le schifezze non si capisce perché non si importano le cose buone.

p.p.s. Come ho scritto qualche tempo fa dopo l’ultimo conclave laico forse il Presidenzialismo non sarebbe male in Italia. Dopo Giorgio Napolitano e la sua generazione di ottantenni, dove lo troviamo un altro Pater Patriae?

 

 

 

 

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