Quando le parole fanno solo confusione

 In POLITICA

Gli italiani sono straordinari. Riescono a rendere fumose le cose più incredibilmente chiare.

Dunque vediamo di ricapitolare.

C’è un signore, che durante il suo mandato di deputato e mentre era a capo dell’opposizione al legittimo Governo del Paese, è accusato di aver corrotto un senatore della maggioranza affinché quest’ultima diventasse minoranza nell’aula del Senato e quindi obbligasse il Presidente del Consiglio alle dimissioni e dunque il Capo dello Stato a procedere secondo quanto previsto dalla Costituzione: nuovo esecutivo e elezioni anticipate.

Il senatore ammette la corruzione, avvenuta con tre milioni di euro, di cui due in nero, e patteggia con lo Stato la sua pena. La vicenda giudiziaria quindi di De Gregorio finisce qui: condanna, pena ed eventuali risarcimenti.

Per il deputato di allora, oggi cittadino privo dei propri diritti di elettorato passivo poiché pregiudicato per reati gravi contro la Pubblica Amministrazione (frode fiscale), la Magistratura inquirente chiede e ottiene un rinvio a giudizio e quindi le parti offese sono tenute – se vogliono – a costituirsi parte civile. Tra le parti offese si ipotizza ci sia anche l’Istituzione: il Senato della Repubblica, offeso dalla compravendita del senatore di allora.

Poiché però l’ex deputato e ora pregiudicato in questione è – incredibilmente – ancora il capo indiscusso di una delle due opposizioni in campo e per giunta ha il nome di Silvio Berlusconi, al Senato – che soltanto tre mesi fa l’ha dichiarato decaduto perché indegno di ricoprire quel seggio – scoppia una stucchevole polemica per la decisione del suo Presidente di far costituire il Senato parte civile, per tutelare l’onore e la dignità della Camera Alta del nostro Paese. Ovviamente, qualora non ci fosse stato il patteggiamento di De Gregorio, non ho dubbi che il Presidente Grasso anche in quel procedimento il Senato si sarebbe tutelato.

Poiché qui si ha a che fare sempre con Berlusconi, come tradizione si alzano i toni e si vomitano parole al solo fine di confondere l’opinione pubblica su una vicenda a dir poco lapalissiana.

Si tira in ballo l’accordo, che per ragioni sconosciute si continua a ritenere storico a differenza di quello con D’Alema nel 1997 che fu definito inciucio, con il Partito Democratico; si minaccia di far saltare il tavolo delle Riforme sul Senato (e forse sarebbe anche bene saltasse, dato che la riforma proposta fa semplicemente schifo) e sul Titolo V (e questo sarebbe il vero male).

Naturalmente questi sono gli effetti – distorcenti – di un accordo che mediaticamente ha trasformato quel famoso deputato, ex capo dell’opposizione e già quattro volte Capo del Governo, pluri-inquisito, pluri-prescritto, pregiudicato e in attesa di secondo giudizio in altri procedimenti, in un Padre della Patria, al quale si è concesso moltissimo nel passato remoto e recente e si concede ancora molto nel presente.

Speravamo (e confidiamo ancora) non gli si concedesse nulla in futuro, anzi in realtà contavamo proprio sul contrario: che fosse lui a concederci la libertà dall’assurdo referendum che ormai da venti anni continuiamo a celebrare.

 

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