La voce del silenzio

 In LIFE

Sabato mattina mia moglie e io abbiamo partecipato a una festa per il sessantesimo compleanno di un collega-amico.
Eravamo stati invitati qualche settimana prima e – ricordo – durante una cena resi noto l’invito a entrambe le “donne” di casa.
Mia figlia – a dimostrazione di quanto crescano presto questi bambini – mi chiese immediatamente se ci fossero altri bambini a questa festa.

«Mi informerò lunedì» – le risposi – immaginando che se la risposta fosse stata negativa Elisa si sarebbe annoiata da morire.

Mia figlia invece aveva già pensato a un piano “B“. «Ma se non ci sono bambini con cui giocare posso andare dalla cuginetta?» – ci chiese. «Certo» – le rispondemmo insieme alla mamma – «ma prima dobbiamo vedere se gli zii rimangono a Roma quel sabato».

«Papà, mamma» – continuò – «ma posso anche rimanere a dormire da loro?»

E così poi è andata. Non è capitato spesso che Elisa sia andata a dormire fuori casa: è il prezzo che gli emigranti del terzo millennio pagano profumatamente alla distanza da casa, sicché la loro vita individuale e di coppia rimane sempre più compressa all’interno di pochi scampoli di tempo ritagliati qua e là.

Eppure le poche volte che è capitato che la bambina non abbia dormito a casa sono invece io che non riesco mai a prendere sonno facilmente: ma non dovrebbe essere piuttosto facile? Misteri della mente.

Il fatto è che la nascita di un figlio ci trasforma persino da un punto di vista “uditivo“. Una vera e propria trasformazione fisiologica.

Se prima della sua venuta al mondo mi sarei addormentato con relativa facilità, tecnica affinata soprattutto nell’anno di militare e  nei tre mesi in Accademia Navale dove si dormiva in dormitori da quaranta-cinquanta allievi, adesso da quando c’è Elisa sembra che quell’inaspettato silenzio fra le mura di casa sia enormemente “rumoroso“. Troppo.

Rimani lì, sul tuo letto, sdraiato a pancia in su a fissare il tetto, senza ascoltare quel respiro che proviene dall’altra stanza e che sebbene ti giunga anche a bassissimi decibel, tu – con l’orecchio ormai “superbionico” sviluppato nei primi mesi di vita della creatura – riesci sempre ad ascoltare e quasi lo ti sembra di “cercarlo” prima di chiudere gli occhi, come una sorta di nenia che ti aiuti ad abbandonarti tra le braccia di Morfeo.

Così nel silenzio totale di casa tua cominci a “pensare”, tessere storie, intrecciare racconti. Non credo di esagerare dicendo che ho una così tanto intensa attività onirica – sicuramente frutto di una marea di cose che mi frullano in mente – che se riuscissi a metterla nero su bianco ne verrebbe fuori un’intera saga di Harry Potter! Finalmente poi ti addormenti e almeno riesci  a riposare.

Ieri sera è tornata a casa la piccola: mi fanno tenerezza a questa età. Vogliono sentirsi grandi ma poi alla fine di due giorni così forti fanno fatica a lasciarsi andare e tornare alla routine, alla normalità.

Dopo aver letto una storiella mi sono dovuto sdraiare accanto a lei: lamentava qualche dolorino e piangeva, probabilmente più per lo stress che per una vera patologia!

Mi ha fatto spazio sul suo letto e insieme abbiamo inventato una storiella, un racconto di una famiglia di coccinelle che un brutto rospo voleva papparsi in un boccone e che poi venivano salvate da un “commando” di vespe, calabroni e api.

Finalmente Elisa si rasserenava e così cominciai a cantare le “sue” canzoncine della notte, quelle che ormai le canto a memoria da oltre cinque anni (per fortuna senza più cullarla, per la gioia della mia colonna vertebrale!).

Accanto a lei, con la sua fronte sulla mia, riusciva finalmente ad addormentarsi e – per la stanchezza e il raffreddore – si metteva persino a “russare”.

Dopo un po’ di TV anche io e la sua mamma siamo andati a letto: nel silenzio della notte il ritmo sincopato del respiro di Elisa finalmente potevo avvertirlo di nuovo.

E così mi sono addormentato di sasso, senza problemi e – soprattutto – senza pensare.

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