#MatteoStaNervoso

 In POLITICA

Per fortuna cinquanta giorni passano in fretta e il 25 maggio è dietro l’angolo. Si annuncia una campagna elettorale per le europee come una gara a chi le spara più grosse.
Nell’ennesima apparizione televisiva del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi mi è sembrato piuttosto nervoso: sta forse a poco a poco comprendendo che governare non significa comandare e che le tante osservazioni che negli ultimi due anni ha fatto nei confronti della “casta” adesso sono armi spuntate poiché – inevitabilmente – della “casta” fa parte ormai anche lui.
Purtroppo in una campagna elettorale giocata più sui palcoscenici dei teatri e delle televisioni alla ricerca della battuta e dell’insulto facile, piuttosto che su argomenti di reale interesse per i cittadini europei, tutto diventa propaganda: dalle riforme costituzionali, che per definizione andrebbero sì fatte ma certo non in fretta né tanto meno senza ascoltare nessuno (quasi due anni ci mise la Costituente a scrivere la nostra Carta, qui si vuole modificare la forma di stato in meno di due mesi), alle sequela di annunci senza uno straccio di provvedimento che hanno l’effetto deformante di illudere la gente che molti dei loro desiderata siano già stati realizzati mentre nella realtà sono ancora soltanto pixel in una slide.
Renzi è apparso in difficoltà (in primis sulle coperture) di fronte a Lilli Gruber che ha fatto bene il suo mestiere, cercando di non inchinarsi di fronte all’esuberanza verbale – spesso incontenibile – del Premier e di non accontentarsi del consueto show del Premier che ormai ascoltiamo per cinque ore al giorno, come il quotidiano La Stampa ha raccontato.

Nel comprendere benissimo perché Renzi stia giocando il tutto per tutto prima delle elezioni, è d’altronde in cerca di una legittimazione popolare che viene percepita come assente persino dalla sua gente, non posso non notare una caduta di stile che ormai sta prendendo tutto il governo, con la Boschi in primis. Questa polemica sui professoroni e sulla posizione di Rodotà del 1985 è surreale e denota una presunzione inaccettabile in chi presidia il Potere Esecutivo dello Stato.

Innanzi tutto consegnato il disegno di legge costituzionale alle aule parlamentari, alle quali compete il Potere Legislativo, sarebbe opportuno che il Governo taccia. Poi perché nel 1985, quando quella proposta fu lanciata, si era in un’altra era storica: non c’era nemmeno Gorbachov al Cremlino e Alessandro Natta guidava il PCI (se i giovani d’oggi – come il film di Veltroni ha mostrato – non sanno chi sia stato Berlinguer, figuriamoci Natta!). Si votava con il sistema proporzionale puro e non maggioritario e in più – leggendo bene la proposta – si delineava un regime parlamentare molto più forte di quello di adesso, pur superando il bicameralismo, con l’abolizione del Senato. La proposta del 1985 di Stefano Rodotà è stata commentata dallo stesso su l’Unita di oggi, alla quale rimando per la curiosità.

Rimane però l’amaro in bocca che Renzi e soprattutto i renziani dai quali onestamente andrebbe salvato, versione terribile degli yes-man in un’azienda, non riescano a concepire che è in Parlamento che si fanno le leggi e non nelle direzioni di partito. Brutta vicenda questa qui, tutta interna al PD, che vuole soffocare il dibattito parlamentare proprio dopo che per un anno si sono sfottuti i grillini con la storia che nel Parlamento appunto si parla. Nessuna delle proposte alternative, né quella di Chiti né quella di altri, prevedono una conferma del bicameralismo perfetto, salvo quella del Movimento Cinque Stelle che comunque è un po’ “lunatico” ultimamente.

Trovo tuttavia grave e penoso che le riforme costituzionali in un Paese abbiano come unico driver il risparmio. A prescindere di quanto si risparmi effettivamente (peraltro sembra che i numeri nemmeno siano così eclatanti), la democrazia, i pesi, i contrappesi, le garanzie, la tutela delle minoranze e delle opposizioni, i temi etici, e tutte quelle cose che noi “gufi e rosiconi” solitamente buttiamo nel calderone del dibattito sociale in rete, è triste che sia ritenute un “costo” dal segretario del maggior partito italiano, premier pro tempore del Paese, dal vice segretario dello stesso, peraltro presidente di una regione, dal responsabile delle riforme del PD nonché ministro per le stesse, e dalla stragrande maggioranza di quel partito.

È del tutto evidente – infatti – che il combinato disposto della nuova futura legge elettorale (pur nella sua schizofrenia poiché al ballottaggio assegnerebbe solo 327 seggi alla maggioranza con i quali è oggettivamente difficile governare) iper maggioritaria, e che cancella d’imperio le minoranze pur con qualche milione di voti, con la riforma proposta sul nuovo Senato delle Autonomie, rappresenta se non una deriva autoritaria, un’enorme sproporzione e un inaccettabile squilibrio fra i Poteri dello Stato.

Non mi sembra così peregrina, conservatrice e “pro-casta” la proposta di ridurre il numero di senatori alla metà ma eleggerli con un sistema proporzionale, affidando loro come compito tutto ciò che comporta le garanzie e i rapporti fra Stato e Regioni. Eleggerli peraltro contestualmente ai Consigli Regionali, aderirebbe persino maggiormente al dettato della Carta che afferma  che il Senato si elegge su base regionale.

A prescindere dalla situazione odierna, dove gli scandali dei consigli regionali sono anche peggiori di quelli che avvengono nei Palazzi di Roma, e anche ipotizzando che un giorno tutti e 19 Consigli Regionali e le due Province autonome di Bolzano e Trento siano più immacolate del bianco, a me sembra che l’elezione diretta dei rappresentanti, in un’assemblea di garanzia, restituisca ai cittadini quel potere che tutti – a parole – sono soliti voler riconoscere.

In alternativa non si comprende allora perché non abolire del tutto il Senato e conferire alla Conferenza Stato-Regioni e all’ANCI quello status costituzionale consultivo sul tema.

Singolare infatti che mentre si abolisce l’ente inutile “CNEL” se ne istituisca uno “Senato delle Autonomie” ancor più inutile.

 

p.s. Consiglierei a Matteo Renzi – se potessi – di cominciare a staccare un po’ dalla TV. La sovraesposizione mediatica, peraltro con una stampa pressoché unanimemente a suo favore, potrebbe giocare in futuro a suo danno. Inoltre allo stesso Premier e ai renziani chiederei di non prenderci in giro dicendo che tutto il mondo sta aspettando la riforma elettorale e del Senato. Forse quella del mercato del lavoro suscita qualche interesse ma il meccanismo con il quale si elegge il Parlamento temo che non sia di grande interesse. Soprattutto perché le persone con le quali ha parlato il Premier, salvo Obama e Hollande che sono eletti a suffragio universale, indiretto e diretto rispettivamente, hanno comunque dovuto formare governi di coalizione, la Merkel in Germania e Cameron nel Regno Unito. Siamo tutti storditi dall’effluvio di parole che il Presidente quotidianamente ci inonda dagli schermi delle nostre case, ma ancora uno o due neuroni che girano correttamente ci sono.

p.p.s. Segnalo questo articolo per aiutare a capire perché Renzi, Serracchiani e Boschi abbiano preso un abbaglio citando a sproposito Rodotà del 1985, e quest’altro sulla sovrapposizione mediatica del Premier.

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