Due milioni l’ora

 In POLITICA

Saranno circa 150 ore – più o meno – il tempo che Silvio Berlusconi dovrà trascorrere nella struttura per anziani disabili cercando di tirare su il morale a costoro che – senza colpa – dovranno sorbirsi barzellette, canzoni e racconti dell’epopea industriale e politica del leader di Forza Italia.

Termina oggi – 15 aprile 2014 – il procedimento giudiziario, cominciato quasi dieci anni fa, nel quale “in nome del popolo italiano” il Tribunale di Milano ha accertato che Silvio Berlusconi è stato ideatore, realizzatore e utilizzatore di una gigantesca frode fiscale di circa 300 milioni di euro (attuali), dei quali per soltanto 7 si è potuto condannarlo (per la maggior parte della frode è scattata infatti la prescrizione).

Per questa attività sociale l’ex Cavaliere è come se percepirà oltre due milioni di euro per ogni ora che passerà con gli anziani, cifra peraltro probabilmente in difetto, già incassata, investita e massimizzata.

Cosa resta di questa vicenda?

Innanzi tutto che in Italia i colletti bianchi non pagano mai, anzi. La fanno sistematicamente franca. Sarebbe il caso però che non ce la si prenda né con la legge né con il legislatore. Se Silvio Berlusconi ottiene una pena così bassa, e soprattutto è ancora libero di agire politicamente, la responsabilità è maggiormente dello stesso schizofrenico popolo italiano che da un lato lo condanna e dall’altro lo vota e rivota, garantendogli il potere del quale ha abusato.

Persino negli anni d’oro della sua epopea politica, quella del mitico governo di legislatura, interrotto soltanto con il rimpasto lampo per colpa del rompiballe di turno Marco Follini, che non gli ha impedito comunque di ottenere il record di durata a Palazzo Chigi fino ad allora detenuto dall’amico Bettino Craxi, Silvio Berlusconi ha continuato a organizzare la gigantesca frode fiscale ai danni dello stesso Stato che avrebbe dovuto difendere e tutelare.

Ma egli non è altro che il front-end di un Paese che intriso di un’autoassolutoria cultura fa sì che la “res publica” sia aliena ai valori comuni di questo popolo, sovrastata e sovraordinata ai propri interessi individuali, familiari e familistici.

Silvio Berlusconi rappresenta non l’italiano medio bensì l’italiano assoluto, colui che “ci prova comunque” e poi “se mi scoprono si vedrà“.

Forte del potere mediatico conquistato con abilità e con astuzia, supportato da un potere finanziario di oscura provenienza, e mai pienamente giustificato, e galvanizzato da un’enorme folla sedotta dalle sue indubbie e straordinarie capacità comunicative, l’ex Presidente del Consiglio ha attraversato questi venti anni riuscendo a fare tutto ciò che gli garbasse avendo soltanto a cuore la propria roba, se stesso e il suo sconfinato e smisurato ego.

Si fa un gran parlare di investimenti stranieri, di riforma della giustizia, di processi equi e giusti: mi chiedo tuttavia cosa possa passare per l’anticamera del cervello al management di un fondo sovrano arabo o di un grande fondo di investimenti americano quando dovesse pensare di investire in un Paese che già fatica di suo ad andare avanti, spinto da un conservatorismo intrinseco, ma che ancora tollera che un uomo che ha frodato il fisco da Presidente del Consiglio (non da Presidente del Bayern Monaco come da recente è capitato a Hoeness) sia considerato un Padre Costituente e con lui non soltanto si discute di legge elettorale (inevitabile data l’insulsa inutilità dell’altra opposizione parlamentare, più incline a giocare con photoshop che a discutere di riforme) ma anche della riforma degli assetti costituzionali e degli organi di garanzia della nostra Repubblica.

E ciò che desta la maggiore tristezza è il pensiero dei nostri figli e dei nostri nipoti condannati a vivere in un Paese che non soltanto abbiamo ereditato sull’orlo del disastro dalla generazione che ci ha preceduto ma che è la plastica dimostrazione – e le vicende della politica degli ultimi tempi lo dimostrano – di cosa voglia dire “forte coi deboli e debole coi forti“.

Un Paese dove la stampa non è il watch-dog come dovrebbe essere, incalzando il Governo sulle promesse e stimolando l’opposizione ad aprire gli occhi, bensì una sorta di bolla di ovatta affinché il sonnolento popolo possa continuare a dormire sonni tranquilli. Un Paese dove si spendono ore e ore di dibattiti televisivi, interviste, tweet sugli stipendi dei manager e non si chiede con forza e fermezza un serio piano industriale di rilancio che non sia soltanto contenuto in una ventina di slide, ma che abbia come obiettivo quello di formare un’idea di cosa debba diventare l’Italia post-industriale.

Un Paese che vive perennemente il presente, incapace di imparare dagli errori del passato e terrorizzato dall’idea di immaginare un futuro.

Un Paese dove fra un mese andremo alle urne ancora con il nome di Berlusconi su uno dei simboli: perché non bastano i disastri compiuti dalla sua presenza in politica, non basta aver istituzionalizzato il conflitto fra i propri interessi privati e quelli pubblici, ancora siamo qui a discutere di agibilità politica di un uomo condannato per frode, il cui braccio destro (Dell’Utri) è latitante a Beirut e prossimo a una condanna per mafia e il suo braccio sinistro (Previti) sta scontando una condanna per corruzione in atti giudiziari.

Ma tutto questo non importa: d’altronde, chi di voi sapendo di poter guadagnare due milioni l’ora, accudendo anziani se ti va male, non avrebbe provato a frodare il fisco e la collettività, specialmente dalla posizione di forza di Capo del Governo?

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