Un’altra stretta di mano

 In POLITICA, RELIGIONE

Forse Papa Francesco non lo sa ma la stretta di mano a Robert Mugabe, il dittatore dello Zimbabwe, ieri sul sagrato della Basilica Vaticana, gli costerà la canonizzazione. Almeno questa dovrebbe essere la futura tesi di quanti hanno invaso social network e blog con la foto che ritraeva Papa Giovanni Paolo II in visita ufficiale in Chile, accolto dall’allora presidente e dittatore Augusto Pinochet. Secondo tali tesi – naturalmente in 140 caratteri di un tweet o poco più in un post su Facebook – il papa polacco avrebbe dovuto pubblicamente umiliare il dittatore cileno, anziché trattarlo da Capo di Stato.

Purtroppo molti dimenticano che la politica – perché di questo si tratta – è affare assai più complicato e sicuramente difficilmente schematizzabile nel solito bianco o nero. Che in un Pontificato lungo 27 anni ci siano stati punti di debolezza, criticità, buchi neri, nessuno storico serio mai lo negherà: ma è la visione ideologica che non proprio mi convince.

Forse il Pastore della Chiesa Universale, secondo la definizione Romano Pontefice nel diritto canonico, non avrebbe dovuto visitare la Chiesa cilena? Sono proprio sicuri – i sostenitori della pubblica (mancata) umiliazione del generale Pinochet – che i fedeli cileni di Santa Romana Chiesa e l’intera opposizione al regime ne avrebbero tratto maggior beneficio visto che solo due anni e mezzo dopo venne ripristinata la democrazia nel lungo paese affacciato sul Pacifico, dopo che proprio l’anno dopo vi fu il referendum che sancì la fine della dittatura e il passaggio “ordinato” verso la democrazia?

E come mai, su twitter, non è stata postata nessuna fotografia che ritraeva Wojtyla stringere le mani a Fidel Castro nel 1998, durante la storica visita a L’Avana?

Forse i dittatori di sinistra sono più “buoni” di quelli di destra, per i nostri gli eterni antioccidentali e antiamericani di casa nostra?

O forse esistono delle graduatorie di merito dei crimini contro l’umanità o contro i diritti umani, in maniera tale da poter stilare una classifica? Forse i dittatori dei paesi del Patto di Varsavia erano migliori perché umiliavano la democrazia  in nome di una presunta ideologia socialista, che più provavano a realizzare e meno risultava equa, visto anche il quantitativo di auto di lusso che risultarono parcheggiate nel garage di Leonid Breznev? E il più moderno paladino populista di sinistra, Hugo Chavez? Per lui non vale nemmeno la regola del tweet? Fece bene o fece male Papa Wojtyla a incontrarlo?

Temo invece che il problema sia più complesso e che riguardi il ruolo del romano pontefice, che – per quanto in occidente proviamo a relativizzare (quando ci conviene, ovviamente) – non è soltanto quello di un leader religioso.

È anche – e in alcuni contesti anche maggiormente – un ruolo prettamente politico e quando si scende nel campo della politica, la mediazione, la tattica e la misura prendono il posto delle invettive e dei populismi mediatici.

È in altre parole il contesto a fare le differenze. Alcuni hanno citato (a sproposito a mio modesto avviso) Cristo che probabilmente avrebbe umiliato Pinochet. Ora a parte il fatto che è impossibile saperlo, ma anche a seguire i vangeli canonici come questi fanno (penso si riferiscano ai famosi mercanti del Tempio), i novelli devoti non considerano che persino nei Vangeli, il Gesù più politico – quello al cospetto di Pilato – non è un uomo iroso come invece aveva fatto a Gerusalemme abbattendo gli stand degli abusivi nel Tempio. Era un uomo molto più serafico, conscio del suo destino, affidandosi al giudizio terreno del procuratore romano. È con i leader religiosi che Gesù si scaglia con tutta la forza dirompente del suo nuovo messaggio, dai Farisei chiamati “sepolcri imbiancati” ai sommi sacerdoti riuniti in una sorta di processo sommario prima che Caifa solleciti di spedirlo a processo da Ponzio Pilato perché a loro “non è concesso mettere a morte nessuno“.

Non sono un esperto di canonizzazioni e credo che la più grande novità ieri sia stata la proclamazione di San Giovanni XXIII avvenuta senza il famoso “secondo miracolo“. Perché forse si fa una grande confusione in cosa sia la santità: non è la Chiesa a stabilire se un uomo sia santo o meno bensì lo accerta solamente (e quindi ovviamente l’eco mediatica diventa enorme). La santità – per chi crede – è una condizione di vita e nella vita, che prescinde dal riconoscimento pubblico, tanto che una delle più antiche festività cristiane è proprio quella di Ognissanti, che omaggia tutti coloro che vivono da santi, senza che nemmeno li si conosca pubblicamente. Credo che ciascuno di noi nella vita ha potuto incontrare delle persone “sante” e che hanno deviato il corso della loro vita in positivo. Forse il grande mistero della fede, che difficilmente potrà mai essere compreso da chi vive la vita in bianco e nero, sta nella moltitudine di persone che vivono quotidianamente la loro vita affidandosi con la preghiera a qualcuno che li ha preceduti nell’altra vita: sia un genitore, un nonno, un amico. E mentre i detrattori di queste manifestazioni di massa, come quella avvenuta ieri nella capitale, si soffermano sul miracolo quasi come fosse un numero di magia, per i credenti questo è semplicemente la conferma della loro fede. Ma così come le faccende proprie della religione dovrebbero commentarsi e studiarsi con gli strumenti propri della fede e delle tradizioni religiose, lo stesso dovrebbe valere per la politica.

Ma sono certo che ciò sarà impossibile perché richiede fatica: studiare, comprendere, analizzare, criticare, strutturare, sono attività che comportano sforzi intellettuali notevoli e impiego di tanto tempo di meditazione e sedimentazione. Richiedono confronto, comprensione dei propri limiti ed errori, studi approfonditi e scevri da condizionamenti.

E in un’era nella quale la politica si fa a colpi di hashtag e in 140 caratteri mi rendo conto che ciò è assai difficile.

 

p.s. con un’insolita stucchevole ignoranza il Fatto Quotidiano polemizza per la presenza del dittatore Mugabe sul territorio italiano, giunto qualche giorno prima a Roma. Velatamente il giornale ormai sempre più grillino contesta la mancata applicazione da parte del nostro Governo delle sanzioni UE che prevedono che il dittatore dello Zimbabwe non possa passare nel territorio dell’Unione. Non posso credere che un quotidiano sempre così informato (e cavilloso) non sia a conoscenza del fatto che in forza dei Patti Lateranensi chiunque sia diretto verso la Santa Sede può soggiornare sul nostro territorio. Né più né meno di quanto facciano i leader iraniani a New York quando devono partecipare all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Anche in questo caso si tratta di politica.  

 

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