Io scelgo l’Europa

 In POLITICA

Mancano meno di tre giorni alla chiusura di una delle più penose e deprimenti campagne elettorali che la mia elefantiaca memoria possa ricordare con la viva speranza che almeno questa la possa cancellare definitivamente dai miei ricordi.

Si era ben previsto – a suo tempo – che la politicizzazione (anzi la provincializzazione) della consultazione europea sarebbe certamente avvenuta: conveniva a tutti, fra le forze politiche italiane, fare finta che domenica si vada a votare per tutto tranne che per il vero scopo per il quale siamo chiamati alle urne e cioè eleggere i quasi ottanta parlamentari che rappresenteranno il nostro Paese nel Parlamento di Strasburgo.

Serviva al segretario nazionale del Partito Democratico per ottenere quella legittimazione popolare che aveva promesso di ottenere ma che era stato costretto ad aggirare, accontentandosi del successo (enorme) delle primarie, per varare il suo primo esecutivo.

Conveniva a Silvio Berlusconi che – dopo essere stato dichiarato decaduto dal Senato, una volta reso ininfluente ai fini della nuova maggioranza del 2 ottobre (capolavoro peraltro d’arte politica di Enrico Letta) – aveva tutto da guadagnare da una campagna elettorale che ha rischiato di non vederlo nemmeno protagonista (e francamente per i continui attacchi alla Magistratura e alla sentenza di condanna ricevuta forse merita i domiciliari).

E ovviamente faceva comodo a Beppe Grillo e al suo Movimento Cinque Stelle che da un riequilibrio dei rapporti di forza nel Paese può sperare di giocare – in Parlamento – la carta dell’ostruzionismo a più non posso (peraltro avrebbe tutte le ragioni di questo mondo per chiedere che le riforme costituzionali non si facciano visto che Berlusconi e Forza Italia potrebbero uscire assai minoritari in termini di consenso).

In tutto questo scenario ho sperato mi piovesse dal cielo un impegno, un viaggio, una qualunque sciocchezza che mi avrebbe potuto portare lontano da Roma nel prossimo weekend. Non è accaduto e pazienza mi tocca andare alle urne.

Ho deciso però di votare per l’Europa perché io – quel Parlamento Europeo – l’ho visitato e ne sono rimasto affascinato. Non ho qui a Roma foto per potervele mostrare. Ho però i ricordi – intatti – delle 15 bandiere dell’Unione che sventolavano sul piazzale antistante il Palazzo Louise Weiss (prima dei due grandi allargamenti) e dell’emozione provata entrando nell’aula dove le decisioni comunitarie cominciavano – all’epoca – a farsi largo e a contare. Ho seguito, partecipato (poco), letto, ascoltato il dibattito presidenziale andato in onda sulla rete All News della Rai che in tutta Europa ha avuto una forte eco mentre da noi era trasmesso su un canale che fa pochissimi ascolti.

In Italia invece il dibattito è sembrato l’ennesima, stucchevole, sterile e avvilente discussione su politica e antipolitica, casta e anticasta, renziani e antirenziani, fino a giungere allo squallore più totale con i tribunali speciali di Grillo, le citazioni di Hitler, la mafia citata a sproposito contro Civati e Cuperlo, la lupara bianca invocata per Renzi, insomma il solito “sangue e merda” tanto per citare l’ex ministro socialista Rino Formica.

Ancora una volta questa campagna elettorale ci ha confermato quanto siamo irrilevanti come Paese e come classe dirigente, quanto siano insulse e inutili le polemiche spicciole che lasceranno il tempo che trovano dal momento che poi – a Strasburgo – potranno pure fare tanta coreografia ma senza un minimo di preparazione, in un luogo dove si lavora moltissimo in commissione per poi portare in Aula la ratifica dei faticosi accordi e compromessi raggiunti, non si va da nessun parte.

Ma evidentemente alla stragrande maggioranza degli italiani piace così: immaginare, sognare una sovranità recuperata che non può e non potrà mai esserci più a meno che non si desideri essere ridotti in una sorta di Principato del Liechtenstein su larga scala, posto gradevole dove vivere (per i ricchi) ma totalmente irrilevante sul piano internazionale. Piace agognare una moneta nazionale ritrovata, forse perché nemmeno ci si ricorda cosa fosse la nostra economia al tempo della lira, con l’inflazione a due cifre, i tassi di sconto idem, le tariffe alle stelle, il potere d’acquisto che praticamente si dimezzava ogni sei mesi.

Abbiamo assistito a tutto lo squallore possibile e immaginabile, a un mese terribile, scaraventando immondizia l’uno verso l’altro senza nemmeno la possibilità di un contraddittorio (poi dici perché amo le campagne americane. Lì c’è il faccia a faccia). Nessuno si è salvato, nemmeno Matteo Renzi, che ha avuto persino qualche infelice trovata nei confronti dei suoi due predecessori, al partito e al governo.

Tuttavia nonostante il disgusto mi abbia fatto venire pochissima voglia di recarmi alle urne, io andrò e voterò per l’Europa, perché è per questo che si vota.

Voterò perché a me votare piace e perché penso sia giusto farlo, sempre, ogni volta che ne abbiamo la possibilità e che tirarsi fuori comunque ti esclude dal porre un piccolo granello nel grande ingranaggio della vita.

Voterò sperando che anche la mia insignificante croce possa in qualche modo servire affinché si costruiscano veramente gli Stati Uniti d’Europa, dove gli egoismi nazionali – spesso basati sulla più bieca ignoranza – vengano travolti da una civiltà e da un insieme di valori comuni.

Voterò per mia figlia, che ha cinque anni e ho l’obbligo morale e giuridico di educarla. Un bambino vive di esempi: andare a votare è uno di questi.

Voterò perché Elisa un giorno possa avere un passaporto unico, europeo, con le dodici stelle sulla copertina anziché l’emblema di una repubblica della quale dobbiamo sì andare fieri ma che può benissimo essere parte di un disegno più grande.

Voterò per me stesso, per la mia storia personale e per i miei progetti futuri. Perché è soltanto attraverso una grande integrazione europea, in primis politica ed economica, che passano le migliori opportunità personali e sociali di crescita e sviluppo. A meno che non si voglia continuare a spacciare la teoria della decrescita, peraltro disordinatissima come questa che vediamo adesso e che infatti correttamente si chiama recessione, per un futuro migliore per noi e per i nostri figli, anziché parlare di sviluppo sostenibile.

Voterò infine perché per la prima volta, nella nostra storia comunitaria, il mio voto conta per scegliere – indirettamente – il Presidente della Commissione Europea, il Capo del Governo Europeo.

E se il mio voto contribuirà a rafforzare Matteo Renzi, il suo PD e magari il Governo, non è un dramma: non mancheranno certo occasioni, né luoghi – virtuali o reali – per manifestare tutto il mio dissenso nei confronti di un esecutivo nato maldestramente e che ritengo insufficiente per risolvere i problemi del Paese. Così come ho espresso nel passato tutta la mia preoccupazione per le ipotesi di riforme, elettorali e costituzionali, che ritengo pessime e pericolose. E alla luce delle dichiarazioni di Beppe Grillo degli ultimi giorni sfido chiunque nel PD a dire che ho torto.

Ma di tirarmi fuori da una scelta europea proprio non ci sto.

Per tutte queste ragioni io comunque domenica 25 maggio voterò.

Voterò per il Partito del Socialismo Europeo, per i Socialisti e i Democratici europei.

Voterò Martin Schulz.

Recommended Posts
CONTATTAMI

Per qualunque informazione scrivimi e ti risponderò al più presto possibile.

Not readable? Change text. captcha txt
0
VINCENZOPISTORIO.COM