Elementi di santità

 In RELIGIONE
H o provato una profonda emozione, ieri, mano a mano che le agenzie battevano e twittavano ciò che i Vescovi tedeschi stavano portando all’attenzione dei lavori del Sinodo straordinario sulla Famiglia in Vaticano. Mi sono tornate in mente mille discussioni scolastiche e furibonde litigate in Azione Cattolica nella mia parrocchia, con compagni e amici del tempo e con i quali mi trovavo su posizioni diametralmente opposte su moltissimi temi che oggigiorno definiremmo etici e che all’epoca si consideravano quasi blasfemi.

E non è certo casuale che le aperture maggiori a un riconoscimento di un ruolo per le coppie non sposate all’interno della Chiesa Cattolica avvenga grazie alla Conferenza Episcopale Tedesca che opera in un contesto dove probabilmente l’ascolto del territorio, con la presenza concomitante dei fratelli protestanti, è assai più attento. Sta cambiando il vento persino nella nostra CEI, dove l’avvento di questo pontefice e del suo segretario generale Mons. Galantino, sta progressivamente allontanando – finalmente! – la Chiesa Cattolica Italiana da un’attività lobbistica nella quale era prevalentemente impegnata fino allo scorso anno per trascorrere più tempo sul territorio, fra la gente, cercando quel contatto che il Papa costantemente cerca sia durante le grandi celebrazioni e le udienze generali in Piazza San Pietro, sia in occasione dei viaggi apostolici. Forse con un Papa parroco anche i sacerdoti sul campo si sentono più stimolati a perseguire la propria opera e così anche i vescovi stanno riscoprendo che la loro missione è per prima cosa quella di pascere le pecore del Signore, secondo il dettato di quel Maestro che dovrebbero seguire e che per troppo tempo invece hanno ignorato preferendo la lotta per il potere.

Probabilmente la riflessione tedesca, cominciata in un paese che non ha avuto la presenza dello Stato Pontificio e quindi non vive le scorie del potere temporale della Chiesa, è potuta partire prima e trovare adesso terreno fertile con la presenza del Papa proveniente dalla Fine del Mondo, un uomo che con forza sta portando avanti riforme coraggiosissime della Curia e nella gerarchia ecclesiastica, ben conscio che se le chiese e le parrocchie sono vuote un po’ di responsabilità – oltre che delle pecorelle smarrite e impigrite – forse è anche di questi pastori che hanno smesso di essere tali e si sono issati a giudici supremi della morale del gregge, quasi una bestemmia per chi dovrebbe tenere ben presente che l’uomo non è perfetto e che non dovrebbe mai sostituirsi al Giudice Universale nei confronti dei fratelli.

Finalmente anche all’interno della Chiesa Cattolica si è aperta la strada della democrazia e della libertà di espressione: la porta aperta da Papa Francesco, riprendendo il cammino conciliare di fatto interrotto e mai portato a compimento, ormai lo sarà per sempre, specialmente in un tempo nel quale l’immediatezza delle comunicazioni e la straordinaria forza comunicativa del Vescovo di Roma quasi lo proteggono dagli attacchi ormai quotidiani che giungono dai cosiddetti tradizionalisti, veri e propri sepolcri imbiancati di memoria farisea.

Per la prima volta nella sua storia l’assemblea sinodale, che si riunisce cum Petro et sub Petro, appare più cum pontifice che sub pontifice, più collegiale e democratica anziché recettiva di decisioni prese altrove. Questo Sinodo rappresenta probabilmente il vero punto di svolta del pontificato di Bergoglio, un evento che sta al pontificato del pontefice argentino come il Concilio Vaticano II stava al pontificato di Roncalli.

E con vero sollievo si apprende che la Chiesa accoglie anche le unioni di fatto perché – pur rimanendo intatta la dottrina sacramentale sul matrimonio – si prende atto che esistono situazioni nelle quali la convivenza presenta elementi di santificazione e verità. E per la presenza di essi la Chiesa non vuole precludere la comunione con chi si trova in situazioni di così grave sofferenza, secondo la dottrina, quali quelle derivanti da divorzi e separazioni. Lo dicevamo da tempo, da tanto tempo: come avrebbe potuto, la Carità di Dio, non risiedere nelle coppie dov’è c’è amore, rispetto e fedeltà soltanto perché quell’amore, quel rispetto e quella fedeltà non avessero ricevuto la stessa sacralità che si ha con il matrimonio?

Il documento dei vescovi parla proprio del loro dovere pastorale, di occuparsi anche di queste famiglie, con la preghiera e con l’ascolto, anziché ergersi a censori e giudici della morale altrui. E colpisce, ovviamente, che di fronte a queste storiche aperture cattoliche sulle altre famiglie, seppur ancora lontani dall’affrontare il nodo dell’omosessualità in seno alla Chiesa, il Ministro dell’Interno Angelino Alfano anziché provare a estendere a tutti il diritto di chiamarsi famiglia, si intesti una battaglia ideologica per quattro voti della destra in libera uscita dopo la fine (vera o presunta che sia) del berlusconismo.

Infine una particolare menzione la merita il cardinale austriaco Schönborn: ha portato il proprio esempio di figlio di genitori divorziati e ha posto in risalto il vero problema e la vera angoscia che la quasi totalità di coniugi che si separano provano e cioè l’impatto che tale decisione, il divorzio, ha sui loro figli. È la prima volta che un altissimo prelato, qual è l’Arcivescovo di Vienna, membro del collegio cardinalizio, pone all’attenzione della Chiesa: il problema dei figli delle coppie che si separano, veri anelli deboli di un progetto di vita familiare che finisce e che questi ultimi comunque subiscono a prescindere dalle paratie che i genitori riescono a manovrare per proteggerli.

Di fronte a queste posizioni appaiono patetiche quelle organizzazioni che si definiscono tradizionaliste e che evidentemente avrebbero preferito la famiglia tradizionale di una volta che – come Massimo Gramellini ha ironicamente scritto oggi sul suo Buongiorno – era costituita da moglie, figli e almeno due amanti! Il prossimo passo spero porti all’abolizione dell’obbligo del celibato sacerdotale per i preti di rito latino: giusto per evitare l’altra ipocrisia di preti che dal pulpito predicano una cosa e poi nella canonica si dedicano a tutt’altro, come capitava dalla mie parti dove il parroco – che spesso partecipava attivamente alle discussioni animate dell’Azione Cattolica – poi si consolava con la sua amante, talvolta persino per riscuotere un debito finanziario.

Con questo Papa la Chiesa sta sfrondando tutta quella selva di ipocrisia che secoli, anzi millenni, di incrostazioni temporali avevano ricoperto rendendo cupa, triste e grigia la Casa del Signore. E questo – comunque la si pensi, credenti o meno – è un bene per tutti perché obbliga i cittadini a responsabilizzarsi e a crescere, senza quel mantello di ipocrisia che spesso abbiamo utilizzato anche in contesti diversi da quello religioso, come nel campo politico, sociale ed economico.

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