La festa degli sdentati

 In LIFE
Proprio non ne voleva sapere di venire via: spuntato molto presto, questo piccolo incisivo se ne stava tutto fiero e ben saldo nella boccuccia di Elisa. Probabilmente si era ormai affezionato a quella casetta così accogliente, visto che aveva fatto patire le pene dell’inferno molto presto a quella povera creatura, che distrusse non so più quanti ciucci nel tentativo – vano – di darsi sollievo per quei primi dentini che sbucavano.

Avevamo lo sguardo stordito, mia moglie e io, quando la pediatra di Elisa – molto prima del nostro trasloco verso Catania – ci tranquillizzò che l’emergenza mughetto era cessata e quel prurito che la bambina soffriva e quel pianto che le nostre orecchie dovevano ascoltare senza essere in grado di trasformarlo in sorriso non erano dovuti più a quel batterio che provocava la stomatite e che aveva colorato di bianco le gengive. Erano loro, i dentini, che provavano a sbucare fuori molto prima di quanto potessimo aspettarci. Troppo presto. A undici mesi ne aveva ben otto e quando facevamo osservare che faceva molte storie per mangiare – specialmente la carne mentre aspirava letteralmente i carboidrati! – la dottoressa ci disse candidamente che con otto di quei denti così robusti sarebbe stata tecnicamente in grado di divorare una fiorentina!

Chiunque abbia figli ricorderà certamente quanto sia particolare quel momento nel quale la bocca dei nostri bambini finalmente si completa: da neonati e divoratori di tette e biberon, i bambini cominciano ad assumere una forma più umana di quella da peluche che hanno da piccoli! Questo fino a cinque-sei anni quando comincia la lunga attesa del dondolamento!

Nonostante li abbia messi un po’ troppo presto, mia figlia ha avuto una dentatura impeccabile fino a un mesetto fa. Tutti i suoi compagnetti però cominciavano a perderli, lasciando lei l’unica e sola bambina in attesa della fatina dei dentini (secondo i dettami di Peppa Pig!) o del topolino (seguendo la tradizione di famiglia!). Più i suoi compagni di scuola e di gioco li perdevano più lei conservava una dentatura degna di una pubblicità di dentifrici per bambini (purtroppo non ci ho pensato a fotografarla!).

Fino a quando, una sera a cena, ci arriva un urlo direttamente dal bagno: “Un mio dentino dondola” – ci fece sapere euforicamente mentre noi cenavamo. È così cominciata la lunga attesa: innanzi tutto che Rai Yoyo mettesse la canzone dello Zecchino proprio sul tema. Dopo tutto il canone lo paghiamo anche per questo, no? Poi della caduta di questo benedetto incisivo.

Niente.

Compagni, amici, parenti coetanei tutti sdendati, chi più chi meno. Lei no.

Poi un sabato pomeriggio (che io trascorro molto con lei accompagnandola in piscina) cominciano un po’ di interrogatori su alcune tradizioni. Stava per arrivare la ricorrenza dei defunti e come ogni buon catanese che si rispetti mia figlia attendeva i regali dei morti. Un giorno, tutta seria, mi incalza con una sorta di interrogatorio poliziesco, mettendomi alle strette e dovendo quindi alla fine ammettere che sì siamo noi adulti a provvedere a questi doni, ma che lo si fa affinché ci si ricordi tutti dei nostri cari che non ci sono più. Ovviamente questa scoperta non poteva lasciare indenne fatine e topolini così un pomeriggio, mentre cercavamo di farci una bella pennichella prima del nuoto, mia figlia mi fa delicatamente notare che fatine e topolini, in quanto esseri magici, non esistono e che quindi era evidente che a fronte della caduta del dentino – che peraltro stava ancora comodamente sulla sua base – il soldino l’avrebbero portato i genitori. Punto. Nessun negoziato possibile!

Un procuratore nei telefilm americani strapazza meno un teste, ve lo assicuro!

Sta di fatto che questo incisivo stava sempre là, dondolando e proprio non voleva saperne nulla di cadere, mentre maschietti e femminucce in classe facevano sfoggio dello loro bruttissima dentatura sdentata.

Ma, scusa, che fretta hai?“, chiedevo ingenuamente io a mia figlia. E lì giù con la filippica che Tizio, Caio e Sempronio ce l’avevano, che lei voleva ricevere come gli altri la visita della fatina e del topolino, anche se sapeva che per l’occasione sarebbero stati mamma e papà a impersonare questi esserini magici. “Giochiamo lo stesso, no papà?” – domandava sapendo già la risposta affermativa del genitore! Nel frattempo le sue conquiste su vari personaggi magici non tardavano ad arrivare: a farne le spese non potevano che essere ovviamente Babbo Natale e la Befana, immolati sull’altare della razionalità di una bambina di quasi sei anni!

Eppure nonostante conquiste su conquiste, ragionamenti su ragionamenti, quell’incisivo continuava a dondolare e di cadere non ne voleva proprio sapere.

Nel frattempo noi genitori ci confrontavamo su quanti “soldini” queste fatine dovevano portare, visto l’andazzo generale di fare della spocchia anche per un evento semplicemente simbolico. Che poi pensate: c’è gente che per ogni dentino, anziché mettere un soldino, rifila una banconota da venti euro. E per venti denti che ti devono cadere sono 400 piotte (mi scuso per il romanesco!)! Un investimento!

Ieri pomeriggio dopo questa lunga attesa una foto sul mio iPhone si materializza: quella bambina che qui vedete sorridente perché le erano spuntati due dentini, festeggiava perché uno di questi due era caduto. “Sono felicissima“, continuava a ripetere (e non oso immaginare che feste avrà fatto a scuola dove l’episodio tanto agognato è avvenuto).

Finalmente ieri si è risolta questa difficile diversità: in una classe di diciannove bambini, due latino-americani, un rom, altri due o tre di famiglia slava, cattolici, ortodossi, musulmani e atei, l’unica diversità che questi piccoli cuccioli di uomo percepiscono era quella di chi fosse già sdentato a inizio anno e chi no. Ora sono liberi di festeggiarsi, tutti uguali, tutti sdentati, tutti incredibilmente felici per sembrare tante piccole streghette le bambine e dei bruttissimi mostri di Halloween i maschietti!

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