Il tocco magico

 In POLITICA
Chiunque abiti a Roma sa benissimo che se il Pontefice deve spostarsi dalla Città del Vaticano al Palazzo Pontificio di Castelgandolfo, così come quando effettua una visita pastorale in qualche parrocchia molto lontana da San Pietro, i servizi di sicurezza vaticani e italiani preferiscono sempre far spostare il Papa con un elicottero dell’Aeronautica Militare. È infatti dimostrato – conti alla mano – che il costo del carburante e dell’utilizzo del velivolo (i piloti sono pagati a “prescindere” essendo ufficiali della nostra aviazione) è più basso di un apparato di sicurezza “cittadino”, che comporterebbe peraltro anche gravi disagi per la popolazione civile, visto lo stato comatoso del trasporto pubblico della Capitale.

Allo stesso modo non c’è alcun dubbio che se le ragioni di sicurezza lo impongono, viaggiare fra Firenze e Roma in elicottero costa al contribuente probabilmente meno che bonificare la tratta ad alta velocità, controllare ogni vagone, realizzare il normale cordone di sicurezza per proteggere la persona del Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi, esponendo comunque anche la popolazione a rischi maggiori di quelli che avrebbe normalmente per strada e con l’elicottero papale o presidenziale sulle teste.

Questo però riguarda la “contabilità”. Altro è il discorso “politico”.

A scanso di equivoci voglio precisare che proprio perché ho la massima fiducia nei nostri servizi di sicurezza se questi valutino opportuno che Renzi svolazzi su un elicottero anziché su un’auto blindata per me è perfetto: in uno stato che si rispetti le Istituzioni vanno tutelate a prescindere da chi li rappresenta temporalmente. Per questa ragione pur comprendendo la gioia di molti nel vedere Sergio Mattarella su un volo di linea Alitalia, su un treno ad alta velocità o su un tram cittadino, come se non avesse comunque caccia pronti al decollo o servizi di intelligence e di sicurezza a bordo dei mezzi terrestri, non lo ritengo un evento appassionante.

Però chiunque si diletti con il mondo dell’informazione ha il compito di chiedere conto al potente di turno della sua coerenza.

Anna Finocchiaro non è diventata Presidente della Repubblica anche perché un giovane sindaco fiorentino la stroncò in diretta televisiva (sempre a Le Invasioni Barbariche, peraltro, dove un anno dopo tranquillizzò Enrico Letta!), osservando che il popolo italiano l’avrebbe per sempre ricordata per l’ormai celeberrima spesa da Ikea.

Lo stesso esponente ha fatto della sua dimensione pubblica “normale” un elemento distintivo del suo essere politico in netta contrapposizione con la casta da rottamare. La bicicletta per le strade di Firenze (sebbene molti maliziosi affermavano lo facesse soltanto in favore di fotocamera!), la Smart blu del suo fedelissimo Ernesto Carbone per andare a Palazzo Chigi a parlare con il suo predecessore, la polemica continua sui costi delle poltrone (degli altri, naturalmente!): d’altronde sull’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, cavallo di battaglia delle due primarie, Matteo Renzi ha fatto la sua fortuna, incarnando nei dem l’anima più populista, quasi grillina, dell’elettorato di centrosinistra.

Stupisce quindi che un uomo così attento alla comunicazione, così desideroso di “narrare” soltanto la metà illuminata del nostro firmamento, così preciso nel ricordare agli altri i propri privilegi, da inizio anno sembra inanellare una gaffe dietro l’altra, dall’aereo di Courmayeur all’elicottero di Arezzo, passando per il silenzio imbarazzante dopo l’assassinio del capo dell’opposizione russa qualche giorno fa a Mosca.

Insomma sembra che dopo un anno a Palazzo Chigi anche il Maradona della politica nazionale stia smarrendo il proprio tocco magico, forse troppo impegnato a contemplare ogni mattina la propria effige nello specchio del bagno dell’appartamento presidenziale che temporaneamente (si spera!) occupa.

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