Sulla via della croce

 In REPORTAGES

Chiunque abbia mai partecipato al Rito della Via Crucis che ogni anno si svolge al Colosseo al termine del Venerdì Santo non potrà certamente negare che si respira una spiritualità particolare. Sia che si creda o meno, si sia ferventi cattolici oppure dei miscredenti, ciò che si osserva fra i viottoli dei Fori è un’atmosfera di grande intensità emotiva. Un popolo che si riunisce attorno al Papa, il Vescovo di Roma, che presiede la celebrazione dal Colle Palatino, di fronte al Colosseo. Giovanni Paolo II, prima che il morbo di Parkinson ne divorasse le capacità fisiche, portava la croce addirittura per tutto il percorso che dal Colosseo giunge appunto al Palatino, immaginifico tragitto di quello compiuto da Cristo dal cortile di Pilato al Calvario.

Ho partecipato due volte al rito della Via Crucis romana: la prima, nel 2002, come semplice fedele, con un pontefice ormai negli ultimi anni del suo pontificato, e la seconda nel 2006, descritta in queste poche fotografie che furono tra le prime dopo la mia conversione al digitale. Questa del 2006 coincise anche con la prima Via Crucis del nuovo papa, Benedetto XVI: Joseph Ratzinger, l’anno precedente, aveva scritto delle meditazioni straordinariamente intense. E tutti eravamo rimasti commossi dalle immagini provenienti dalla cappella privata del Palazzo Apostolico dove Giovanni Paolo II seguiva in diretta televisiva l’ultima sua Via Crucis, aggrappato alla croce del suo Salvatore. Dieci giorni dopo sarebbe tornato alla Casa del Padre e il successivo conclave avrebbe eletto Benedetto XVI che con grande coraggio accettò l’elezione nonostante – era cosa nota – avesse voglia di ritirarsi a vita privata in compagnia dei suoi amati studi teologici.

Quella sera – accompagnato da Silvia che sarebbe diventata mia moglie sei mesi dopo – andai con lo spirito del fotoreporter, curiosando in giro, cercando di cogliere la spiritualità che quel popolo raccolto in preghiera emanava come un corpo solo.

Durante la Via Crucis osservi una Roma piena di tutta l’umanità, veramente la Caput Mundi, con colori e facce provenienti da ogni parte del mondo. La cornice del Colosseo poi assume toni straordinari e non puoi certo fare a meno di ripensare alle persecuzioni dei cristiani, mandati spesso a morire dentro l’anfiteatro per il divertimento dell’Urbe.

Bambini incuriositi dalle fiaccole e dalla folla, uomini vestiti da antichi cavalieri, con un rispettoso silenzio dopo le meditazioni, interrotto soltanto dal Coro della Sistina che magistralmente esegue lo Stabat Mater, la celeberrima sequenza cattolica attribuita a Jacopone da Todi.

Ovunque è silenzio e preghiera, con le fiaccole che rendono l’atmosfera attorno all’Anfiteatro Flavio assai suggestiva e piena di emozioni.

Terminata la via della Croce, ascoltato il discorso del Papa e ricevuta la sua benedizione, anche il deflusso dei fedeli appare quasi come mistico, un ritorno a casa non mesto e funereo ma colpo di spiritualità, religiosità e fede.

Se la Roma antica, con il Colosseo e l’Arco di Costantino, rappresenta già la scenografia perfetta per qualunque manifestazione religiosa la notte diventa qualcosa di incredibile e di unico al mondo. Se probabilmente il percorso doloroso di Cristo a Gerusalemme coinvolgerebbe quasi fisicamente il fedele, attorno al Colosseo invece si ha come l’impressione che i corpi fisici proprio non ci siano e che lì ci stiano soltanto anime e spiriti in pellegrinaggio verso la loro meta.

Osservare queste manifestazioni religiose, assai diverse da quelle border line che a volte vediamo, con la fede che diventa fanatismo e l’adorazione idolatria, ti fa comprendere invece quanto potente sia l’animo umano e la forza di chi ha veramente fede. Non servono reliquie, resti, salme: basta l’uomo e il suo spirito, la profonda convinzione di esser parte di un disegno celeste e non terreno che passa attraverso questa terra soltanto per lo stretto indispensabile lasso di tempo che serve a dare un senso anche a questa vita in vista della prossima che verrà.

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