Non Possumus

 In POLITICA
Ha ragione Silvio Berlusconi: Virginia Raggi è telegenica, anche carina direi, e una brava avvocata (rimando al p.s. sulla scelta della declinazione!). L’ex premier però è stato riduttivo. È anche una bravissima campaigner: l’ho ascoltata parlare durante un’intervista radiofonica e ci sa fare veramente in campagna elettorale!

All’intervistatore che le chiedeva un’opinione su un altro bravo competitor, Alfio Marchini, l’avvocata Raggi ha risposto in maniera sagace e pungente: «Vorrei informare i potenziali elettori di Marchini che lui in due anni e mezzo di consiliatura non si è mai visto. Evidentemente ha questa concezione che si corra per “vincere” e non per “Roma”. Che almeno lo sappiano, prima di mettere sulla scheda elettorale una croce sul suo nome!».

Durante l’intervista ha puntualmente replicato a ogni osservazione dei giornalisti, ha esposto il programma pentastellato per il risanamento dell’ATAC (l’azienda capitolina dei trasporti pubblici, per chi non è romano) per generare quei ricavi che possano servire a migliorare il trasporto e la mobilità, ha attaccato duramente il Partito Democratico e l’ex sindaco Marino, ha preso debita distanza dagli imbarazzanti endorsement di Salvini e Berlusconi rivolgendosi direttamente agli elettori di destra («noi ci rivolgiamo a tutti i cittadini, non facciamo alleanze con nessuno», ha ripetuto nel solito mantra sebbene poi l’alleanza con il PD e Marchini per buttare fuori Marino l’abbiano fatta proprio loro!), ha rintuzzato con una precisa semplicità la questione del suo curriculum e sul praticantato forense presso lo studio di Previti.

È stata molto brava, in gamba, preparata con i numeri e con le parole, molto di più del focoso Di Battista o del mellifluo Di Maio. Insomma se Virginia Raggi fosse candidata di un vero movimento civico, se fosse la rappresentante prescelta da un’associazione di cittadini nata spontaneamente come Podemos in Spagna, un pensierino a votarla come prossima sindaca di Roma ce lo farei. Anzi proprio la voterei.

Invece non posso.

Non posso per le ragioni che lei stessa ha ricordato sul finir dell’intervista quando ha risposto sulla questione dei 150.000 euro di penale che i candidati dovrebbero pagare qualora – semplificando – la loro politica si discosti da quella stabilita dai “capi” del Movimento. L’avvocata romana ha rivendicato con orgoglio sia la propria appartenenza al Movimento Cinque Stelle (giusto e ammirevole) che la bontà di un provvedimento volto a contrastare i “voltagabbana” che è invece – a mio avviso – un macigno sull’affidabilità e sulla libertà di un qualunque candidato, a sindaco o a consigliere che sia! Votando per lei infatti non si saprebbe mai se la nostra preferenza sia stata accordata a una donna che sia intelligente, colta e preparata o piuttosto manovrata o quanto meno frenata (chi rischierebbe 150.000 euro?) da Gianroberto Casaleggio (Beppe Grillo ormai pare si sia veramente ritirato), il Direttorio Nazionale, il “Gran Consiglio” della Casaleggio Associati del quale nulla sappiamo ancora oggi a distanza di tre anni dall’affermazione alle elezioni politiche generali.

Se le cose a Roma continuano come le stiamo vivendo attualmente, con un centrosinistra spaccato dopo i problemi delle primarie, un centrodestra che annaspa dietro l’assurda candidatura dell’ex capo della Protezione Civile Guido Bertolaso e con Alfio Marchini che tira dritto pur non smuovendosi dalle percentuali della scorsa tornata elettorale, Virginia Raggi avrà il vento in poppa per diventare la prima cittadina della Capitale: dovrà soltanto attendere il nome dell’avversario al ballottaggio, potendo contare quindi su una lunga campagna fino al 19 giugno quando presumibilmente ci sarà il secondo turno.

Forse ha ragione l’Economist che l’ha elogiata e probabilmente ce la farà a vestire la fascia tricolore a fine giugno.

Forse sarà anche una sindaca libera da condizionamenti, anche interni al proprio movimento.

Però – per quanto mi riguarda – il peccato originale di questo documento sottoscritto con Casaleggio e la poca trasparenza di un movimento che chiede la trasparenza soltanto agli altri fa sì che la mia matita non scriverà mai la croce su questa ex consigliere comunale.

E vi confesso che un po’ mi dispiace perché ha grande stoffa di politica.

 

p.s. Ho volutamente declinato al femminile il sostantivo “avvocato” perché credo che abbia ragione la Presidente della Camera Boldrini, ben sostenuta da molte linguiste e dall’Accademia della Crusca. Per anni abbiamo tutti scritto ministro, sindaco, avvocato per indicare incarichi e mestieri che storicamente erano maschili. Invece i sostantivi “dottoressa” e “professoressa” sono sempre stati accettati come se le donne potessero essere autorizzate soltanto a curare e a insegnare, oltre che a prendersi cura della famiglia vista la matriarcale società che abbiamo costruito nel tempo. La parola “avvocata” è invece antichissima ed è presente in una delle più belle antifone mariane, “Salve Regina”, che nella seconda strofa recita “Eia ergo, advocata nostra, illos tuos …” tradotta in italiano dalla Chiesa Cattolica Romana con “Orsù dunque, avvocata nostra …”.
Anche se la candidata Raggi nell’intervista radiofonica ha precisato di voler essere appellata come “avvocato” io credo che lei sbagli, così come sbagliano tutte le colleghe che ho avuto da quando ho cominciato a lavorare e che precisano sempre l’appellativo al maschile. Penso che sia ormai giunto il tempo – nel nostro antico e “museale” paese – di fare i conti con la realtà di una società nella quale nessun ruolo e nessun incarico possa essere precluso alle donne le quali non possono e non debbono ridursi a sentirsi tali solo in forza di una maternità, che è altro e diverso dall’essere donna (come del resto essere uomini e padri).
Così come i nostri cugini spagnoli, il cui idioma deriva dal medesimo latino dal quale deriva la nostra bellissima lingua, anche noi italiani dobbiamo imparare a declinare i nomi al femminile e – quando sono invariantivi (quelli che terminano in “e” come Presidente o Preside) – usare gli articoli corretti.
D’altra parte negli Stati Uniti a novembre potrebbe essere eletta alla Casa Bianca la prima presidente della loro storia e nessuno si sognerebbe mai di introdurla al Congresso per il discorso sullo Stato dell’Unione come Mister President anziché come Madam President.

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