No social week

 In LIFE, MEDIA
Èda un po’ che ci penso. Voglio fare un esperimento: staccare per almeno una settimana dai miei account social e capire quanto io sia diventato dipendente da Facebook e da Twitter. Ci sto riflettendo da metà gennaio: Mario Calabresi, nella prima riunione di redazione a Repubblica appena ricevute le consegne da Ezio Mauro, aveva osservato che ormai il mondo dei lettori è completamente diverso dal passato e la sinergia del digitale con la carta stampata è divenuta un obbligo per un quotidiano, con l’obiettivo che bisogna «andarsi a prendere i lettori lì dove si trovano», dai siti ai social. Citò in particolare il fatto che le notizie ormai il lettore le cerca prima sui social, con Facebook e Twitter in prima fila, cosa che obbliga ovviamente chiunque operi nel mondo dell’informazione a “starci” sui social network.

Mi sono chiesto quindi come sarebbe la mia vita senza quel rito quotidiano dell’apertura delle App sociali che ormai da oltre sei anni mi accompagna insieme al latte e al caffè. Quanta dipendenza ormai possiedo da questa droga telematica che ormai assumo dal lontano 2008? Quanta informazione consumo su Facebook o su Twitter e quanta attraverso i canali più tradizionali, giornali, riviste, blog e siti internet? Posso fare a meno dell’aggregatore di notizie che è ormai diventata la mia timeline come a suo tempo lo era Google Reader per i blog (a suo tempo si fa per dire, visto che è stato chiuso da Mountain View nemmeno tre anni fa!)?

E questo naturalmente attiene alla mia sfera – diciamo – “pubblica”, quella che serve anche ad alimentare articoli e riflessioni di questo blog che ovviamente “sta” (e continuerà a starci!) su Facebook e sugli altri social principali, li sfrutta come canali di “vendita”, li adopera per produrre contenuti.

Ma c’è anche un altro aspetto, più privato, che mi interessa sperimentare e che potrebbe avere risvolti imprevisti, quale a esempio la mia cancellazione da Facebook come profilo privato e il mantenimento della sola pagina del blog. E questo aspetto si condensa in una domanda semplice semplice: come può essere la mia vita senza per forza farmi i fatti degli altri?

Non nego di certo che la presenza di Facebook e Twitter su internet abbia avuto molti aspetti positivi, a cominciare dall’aver potuto ritrovare persone perdute nel tempo o incontrare (a volte non solo virtualmente) nuovi amici con i quali si è dibattuto a colpi di cinguettii. E anche essersi divertiti durante le elezioni, i mondiali di calcio, il festival di Sanremo.

Ma fondamentalmente – al di là delle impostazioni della privacy che molti faticano a ben adoperare (soprattutto gli anziani: che Dio li aiuti!) – su Facebook e Twitter noi spesso ci facciamo – consapevoli o meno che siamo – i fatti degli altri. Quando questi social arrivarono le loro caratteristiche erano molto basilari, poi a poco a poco si sono evoluti tantissimo. Una delle novità più dirompenti a mio avviso fu la notifica: se ti interessa una persona sai in tempo reale cosa ha postato, senza nemmeno fare lo sforzo di porti la domanda «Vediamo cos’ha postato Tizia?», o «Vediamo se ci sono novità da Caio?» oppure «Vediamo che dice Sempronio?».

Quindi che mi chiedo: quanto sono dipendente dalle informazioni che mi provengono dalla mia rete di “amicizie” sociali, dai parenti fisicamente lontani agli amici prossimi di scrivania? Quanto realmente i post su Facebook hanno sostituito le telefonate, le mail, gli sms che prima ci scambiavamo anche solo per sapere come si stava? Quanto si può fare a meno di vedere con i propri occhi, seppur mediati dal mezzo, qualcuno che nella realtà non lo si guarda più da tanto tempo?

Ecco allora cosa farò.

A partire da sabato 19 marzo, festa del papà, uscirò dalle pagine dei miei profili, cancellerò (temporaneamente?) le App dall’iPhone e dall’iPad, userò soltanto mezzi tradizionali (giornali, siti, blog, mail) per informarmi senza l’ausilio degli aggregatori sociali. Per comunicare adopererò nuovamente i canali tradizionali come chiamata, videochiamata, sms, chat: insomma voglio essere io il soggetto attivo e non quello che passivamente subisce le modalità comunicative imposte dai social e dalle politiche di aggregazione da loro inventate. Proverò questo esperimento per almeno tutta la settimana santa e forse esso si protrarrà anche per qualche giorno dopo Pasqua.

Non so francamente cosa aspettarmi: ho letto tante volte dei problemi di dipendenza da internet, dal porno al gaming, e non so se la social addiction si possa realmente configurare come tale. Voglio provare più che altro a capire quanto questa social life abbia sottratto alla real life o se piuttosto l’abbia integrata, ampliata o arricchita.

Vedremo se una disintossicazione è possibile, se la dipendenza è quanto meno controllabile o se invece l’impulso, di vedere con i propri occhi come s’è ridotta quella persona che tanto ci piaceva tanti anni prima, è proprio troppo forte per resistervi!

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