L’overdose di Matteo

 In POLITICA
Èarcinoto ai quattro gatti che leggono questo blog che chi scrive non ne capisce molto di politica, visto che si trova sempre dalla parte sbagliata alle elezioni. E ci stanno cercando di spiegare – e forse un po’ comincio a convincermene – che le elezioni si celebrano per sapere chi vince e governa, a prescindere dal fatto che in una democrazia rappresentativa si dovrebbero eleggere – appunto – i propri rappresentanti (non è un caso infatti che la camera bassa del Congresso americano si chiami proprio così, Casa dei Rappresentanti).

Tuttavia, pur non essendo il guru Jim Messina, quello pagato a peso d’oro per curare la comunicazione renziana in vista del referendum, vorrei far notare a Matteo (dopo che mi ha risposto un paio di volte su twitter ci diamo del tu!) che sta rischiando l’overdose comunicativa.

Domenica era da Giletti (peraltro con uno sfondo che non è che dicesse proprio “non personalizziamo”!), stasera sarà da Semprini: nel frattempo è stato dalla Gruber a duellare con Travaglio, da Mentana a discutere con Zagrebelsky, da Del Debbio con la lavagna e la lista delle buone intenzioni, prossimamente sarà da Vespa (speriamo non tiri fuori un tavolo e un contratto, se no sai che polemiche!), credo anche dall’Annunziata (o forse c’è già stato, boh, ho perso il conto), ieri in diretta streaming ripreso da tutte le televisioni durante la direzione del suo partito. Inoltre, nella settimana dell’ottantesimo compleanno di Silvio Berlusconi, è apparso nelle pagine di Chi insieme alla famiglia,  raccolta attorno alla figlia che festeggiava la sua Prima Comunione (ma non potevano lasciarla fuori la famiglia, come avevano fatto saggiamente nei primi tempi del mandato? Misteri dei guru americani!).

Insomma a prescindere dalla “non personalizzazione” che ormai è effettivamente tardiva e che quindi c’è stata e ci sarà, il rischio che vedo – da profano della comunicazione – è che il Presidente del Consiglio vada in overdose televisiva e mediatica. E francamente, con l’andamento dell’economia che non dà i risultati da lui sperati e continua ad arrancare nonostante tutte le buone intenzioni di Palazzo Chigi e Viale XX settembre, non credo proprio che il prossimo referendum costituzionale si potrà mai giocare sul “merito”, dopo aver magari letto il documento che confronta la Costituzione “prima” e “dopo” il ddl Boschi.

Ora personalmente non è che mi cambi molto: avendo le idee chiare non seguirò i vari dibattiti per convincermi, al più li guarderò per farmi qualche risata. Ma per Matteo, uno che di mestiere dovrebbe innanzi tutto governare, il rischio mi sembra evidente ed è lo stesso che corse George Bush senior nel 1992 durante la campagna per la sua rielezione. Con la Guerra del Golfo, peraltro vinta senza strafare e fermandosi alle porte di Baghdad, l’economia americana soffrì molto e il ceto medio ne risentì parecchio. Fu per quello, oltre che per il solito terzo incomodo Ross Perot, che l’ex direttore della CIA perdette le elezioni e terminarono con lui i dodici anni di regno repubblicano, al motto di “It’s the economy, stupid!”.

So bene naturalmente che dall’altra parte c’era un tizio chiamato William J. Clinton, un autentico animale da campagna elettorale, che addirittura rivinse quattro anni dopo nonostante qualche vicissitudine con la lampo dei propri calzoni, e in Italia non si vede ancora qualcuno che possa contrastare la leadership di Matteo. Purtroppo però, dal momento in cui il Capo del Governo si sta così tanto esponendo sui media, rischia di essere travolto dallo tsunami del malcontento.

Perché a un certo punto, se tiri troppo la corda, la gente non vota più con la Costituzione in mano. Lo fa con il portafogli e quando quello è vuoto la colpa è sempre di chi siede a Palazzo Chigi.

The bucks stops here, diceva il Presidente Truman. Nel bene e nel male.

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