I ragazzi che scelgono la pace

 In LIFE, REPORTAGES

Èuna mattina abbastanza rigida ma sembra che loro non avvertano il freddo. Ridono, ballano, scherzano: sono felici di stare insieme e ci credono veramente a quella parola che gridano, invocano, pregano: PACE. Sono i ragazzi romani dell’ACR, l’Azione Cattolica Ragazzi, fanciulli e giovanotti dai 4 ai 14 anni guidati da giovani poco più grandi di loro, che si sono riuniti a Piazza della Chiesa Nuova, su Corso Vittorio Emanuele II a Roma, per convergere poi sotto un palco allestito a Piazza San Pietro, dove ballano e cantano in attesa che il Papa si affacci per l’Angelus.

Ho accompagnato mia figlia che ha partecipato a questa domenica particolare insieme ai suoi amici parrocchiani: sto sempre molto cauto con i gruppi ecclesiastici. Il confine fra fondamentalismo e religiosità è sempre piuttosto labile sicché preferisco stare sempre a fianco di Elisa e ascoltare il linguaggio, annusare l’aria che si respira, captare il messaggio cristiano che viene infuso alle giovani menti.
Lei sembra trovarsi bene anche se rispondere a volte alle sue curiose domande è complicato: d’altra parte, come dice il Lenny Belardo-Pio XIII di Sorrentino, i concetti religiosi spesso sono contraddizioni di termini: Vergine-Madre, Uno-Trino.
Abbiamo raggiunto l’assembramento principale partendo dal nostro quartiere con i mezzi pubblici: Roma è meravigliosa la domenica mattina, con il sole che si alza lentamente e comincia a rischiarare il cielo regalandoci un azzurro intensamente meraviglioso.
Ci mettiamo in marcia dopo un’oretta che siamo arrivati alla Chiesa Nuova e ci dirigiamo verso Castel Sant’Angelo: davanti a noi un gruppo di un’altra parrocchia si è attrezzato con chitarre e megafono. Cantano, ballano e sembrano felici. I loro responsabili sono sorridenti: hanno la gioia in volto e si vede che animano i loro gruppi con passione, inventandosi giochi e divertimenti.

Lo slogan dell’anno è un gioco di parole molto carino “Circondati di Gioia”, con un gioco sulla parola “circo” che diventa il tema della Carovana della Pace del 2017, con giochi di strada, clown e improvvisi e divertenti imprevisti lungo il percorso.

Fa freddo su Corso Vittorio ma i ragazzini sono contenti di stare insieme, anche se Elisa sembra un po’ spaesata: è la prima volta che partecipa a una manifestazione di massa, visto che tutte le altre alle quali avrebbe potuto partecipare si sono tenute sempre di sabato. E lei il sabato pomeriggio lo passa in piscina!

Si arriva in un’ora e mezza alla fine di Via della Conciliazione.

La mente mi riporta a una storia raccontata da Alberto Sordi in televisione una ventina d’anni fa. Prima del 1929, tutta la zona di Borgo Pio era in dedalo di vie strette e vicoli bui. La sera – raccontava il grande attore romano – ci si poteva perdere in mezzo a quelle strade e improvvisamente poi ci si ritrovava al Colonnato del Bernini e l’immensa facciata della Basilica, con i due bracci di colonne che ti abbracciavano, ti faceva sentire infinitamente piccolo.

Un po’ la cosa si prova ancora, davanti alla più grande chiesa della cristianità, ma l’occhio si abitua facilmente man mano che da Castel Sant’Angelo ti sposti verso il Vaticano. Forse Mussolini poteva evitarsela Via della Conciliazione – penso fra me – anche se immagino che con i tempi che corriamo ora le nostre forze dell’ordine sarebbero impazzite se non avessero avuto quella via di fuga a disposizione.

Arrivati a Piazza Pio X i controlli: stiamo per entrare in un luogo sacro ma veniamo controllati a fondo, come se fossimo a Beirut e non davanti la Sede del Vescovo di Roma, il Vicario di Cristo per i cattolici di tutto il mondo. Già trovo insopportabili le porte delle chiese chiuse, come cantava Venditti in Notte prima degli Esami, figuratevi i controlli militari: ma lo so bene, sono lo specchio dei tempi che viviamo e viste le notizie che arrivano da Oltreoceano temo che le cose andranno peggiorando, specialmente perché questo Papa non mi sembra che si trattenga molto nell’esprimere le cose che pensa.

I ragazzi sembra non se ne siano accorti molto di questa bizzarria: d’altra parte sono quasi tutti nati dopo l’11 settembre e per loro è evidentemente normale farsi controllare da cima a fondo per entrare in una chiesa. Mia figlia mi chiede il perché: le spiego che il Santo Padre è una personalità molto importante nel mondo e ci può essere qualche pazzo che attenti alla sua vita o alla vita di chi lo va a trovare come noi, a casa sua che poi sarebbe anche casa nostra, visto il messaggio cristiano. Lei rimane perplessa: per lei Francesco è un simpatico omone vestito di bianco, il capo della Chiesa, non ha ben compreso cosa sia la successione apostolica e quell’enorme mistero che rende la Chiesa Cattolica ancora lì, dopo duemila anni e soprattutto dopo che è stata affidata alla specie terrestre peggiore che ci sia: gli esseri umani.
Ci fanno scivolare lungo un settore sotto il braccio sinistro del Colonnato, proprio sotto il Palazzo Apostolico e aspettiamo l’Angelus: siamo sfiniti e cominciamo a consultare l’orologio sperando che mezzogiorni arrivi presto e che il Papa non si dilunghi molto.

Arriva il Cardinale Vicario: Elisa mi chiede chi sia e pazientemente le spiego l’unicità della Diocesi di Roma che ha un Vescovo eletto da cardinali con meno di ottanta anni che poi non ha proprio molto tempo per occuparsi di Roma e delega a qualcun altro. Il Cardinale Vallini è simpatico: fa un bel discorso ai giovanotti riuniti, sorride moltissimo e alla fine cede pure alla moda di un selfie, peraltro con un naso da clown indossato con disinvoltura. Il mio pensiero vola ad Antonio Socci: gli sarà venuto un coccolone! Don Agostino – così lo chiamano con un coro da stadio i ragazzi – saluta e sa che per lui è un addio, visto che sicuramente il Papa accetterà le sue dimissioni per raggiunti limiti di età.

C’è il tempo per qualche altro ballo e un’altra canzone poi finalmente la finestra dello studio più famoso del mondo si apre: nella vita ho ascoltato l’Angelus di Wojtyla e di Ratzinger, ma questa per me è la prima volta con Bergoglio. La piazza è largamente vuota, mentre da lontano scorgo la fila per entrare in Basilica allungarsi sempre di più. Mi sembra lontanissimo il tempo in cui quando mi trovavo da queste parti entravo tranquillamente in chiesa per ammirare la Pietà o l’altare del Bernini. Ormai devi programmarti per tempo persino per dire un Pater-Ave-Gloria sulla tomba di Pietro.

Il Papa parla: un applauso scrosciante sboccia spontaneamente quando fa riferimento al terremoto e alla burocrazia che sta rallentando gli aiuti per quelle popolazioni. Poi tocca a loro, i giovanotti dell’ACR: un ragazzo e una ragazza si materializzano accanto al Papa che scherza chiamandoli invasori. Il maschietto legge un bel discorso, molto chiaro, preciso, compito: ci crede veramente in quella parola PACE che continua a risuonare in Piazza San Pietro e per un po’ chiudi gli occhi e ci credi pure tu.

Il Santo Padre li ringrazia, scherza ancora un po’ con loro e poi invita a lanciare in aria i palloncini con i colori della pace, prima di salutarci con il suo ormai solito e famoso “Buon Pranzo!” mentre noi ci mettiamo in cammino per tornare al nostro quartiere.

Sul 40 finalmente mi siedo con addosso la “creatura”: sempre meglio avere questi 35 chili addosso seduto che lo zoom e moltiplicatore sul collo. Starò invecchiando e la fotocamera diventa sempre più pesante! Cambiamo autobus a Piazza Venezia e finalmente arriviamo a casa che ormai è l’ora di pranzo: eravamo partiti con il freddo ma adesso abbiamo entrambi le gote rosse per il freddo sì ma soprattutto per il sole che abbiamo preso. Elisa è stravolta ma felice: nel pomeriggio finiremo addormentati sul lettone, lei abbracciata al suo peluche gigante, io invece a lei.
Posto un po’ di foto su Instagram, preparo quelle che vedete in questo pezzo e ripenso a quei ragazzi, al loro urlare la pace, ai loro cori da stadio modificati per ripudiare la guerra (“Chi non salta per la guerra è!”), ai loro canti di fede. Ci credono veramente al loro essere costruttori di pace: d’altronde il Vangelo domenicale – ha spiegato loro il Papa – parlava proprio di quello, della felicità di costruire la pace.

Mi torna in mente un altro articolo, che avevo scritto cinque anni fa come domani, e sì, sono ancora convinto che se lo governassero loro questo mondo, se fossero i nostri figli a scegliere al posto nostro, forse questo mondo sarebbe un posto migliore.
Per loro e anche per noi.

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