Un amore europeo

 In LIBRI
Se l’Europa fosse una bella donna, “Contro venti e maree” sarebbe la dichiarazione appassionata di un uomo profondamente innamorato del suo sogno di condividere con lei il resto della propria vita. È questo che traspare con tutta la sua vivida forza dal libro che Enrico Letta ha pubblicato agli inizi di quest’anno. Un saggio nel quale l’ex Presidente del Consiglio non fa mistero dei problemi della sua “amante”, dello stato depressivo nel quale l’Unione Europea sembra essere caduta, incapace di affrontare i problemi che la vedono più come unione di governi che di popoli.

Letta non fa mistero delle sue delusioni e descrive molto dettagliatamente gli errori che l’Unione, dopo il periodo espansivo ed euforico seguito all’allargamento, ha compiuto e ai quali non ha saputo rimediare. Ma “Contro venti e maree” non è soltanto un libro che addita le responsabilità dei governanti dei 28 paesi membri: è anzi uno stimolo, un grande contributo di pensiero politico affinché l’Unione si completi e diventi ciò che i padri fondatori hanno sempre sognato. L’autore riesce con un linguaggio franco e propositivo ad affrontare ciò che per lui rappresentano i gravi limiti di una struttura sovranazionale alle prese con grandi problemi, dall’immigrazione al terrorismo, proponendo e tracciando una strada per superarli insieme e far rinascere – dentro il mezzo miliardo di cittadini del Vecchio Continente – un nuovo senso dello stare uniti.

Soluzioni che partono dalla scuola, dall’educazione cioè dei più giovani, alle grandi opportunità che una visione di insieme può comportare, allo sforzo che le istituzioni e i governi nazionali debbono compiere per far sì che da mero controllo della moneta l’Unione diventi effettivamente parte di ciascuno di noi. L’ormai professore a tempo pieno di Sciences Po non è tenero con i suoi ex colleghi del Consiglio e nemmeno con le forze più irresponsabili del continente, come coloro che hanno cavalcato il referendum sulla Brexit o chi sostiene un nazionalismo esasperato.

Forte dei numeri delle analisi economiche degli ultimi decenni, Letta dimostra come l’Europa sia l’unica soluzione per sopravvivere in un contesto globale che vede giganti economici e demografici vecchi e nuovi spartirsi la torta dei prossimi decenni. Tesse le lodi dei valori che noi europei con tanta fatica abbiamo messo a cardine delle nostre democrazie, dal bando totale della pena di morte alla laicità nei fatti delle nostre società; pretende giustamente che siano l’esempio da esportare nel mondo insieme alla cultura che ha fatto del nostro continente un unicum nel pianeta; esorta i giovani a credere non in astratto a un’istituzione distante ma a comprendere come soltanto un’unione più forte, concreta, pratica e vicina ai bisogni quotidiani delle proprie popolazioni, possa essere il loro futuro, la loro piattaforma programmatica per gestire i grandi stravolgimenti che le nuove tecnologie stanno portando con sé, insieme a nuovi e più complessi problemi di convivenza e sopravvivenza.

Non si nasconde che si tratta di una sfida epocale e che pertanto si ha bisogno di una classe dirigente all’altezza del compito arduo di realizzare una vera unione politica, economica, di difesa, unione che non sia soltanto limitata al rispetto di freddi parametri economici quali sono i numeri che il trattato di Maastricht, insieme a quelli successivamente firmati.

È un libro bello e affascinante, che si legge tutto di un fiato e dal quale traspare un Letta diverso dal quale siamo stati abituati quando l’ex vice segretario del PD era un attore più politico. Appare infatti più libero, forte della sua attività accademica e meno vincolato alla necessaria tattica parlamentare per la sopravvivenza quotidiana nell’agone della politica italiana. Si ha come l’impressione che egli voglia restituire agli altri un po’ della sua fortuna di essere stato nella vita un ragazzo europeo (ha studiato all’estero sin da giovane) e nello stesso tempo esorta tutti a studiare e a lavorare alacremente, ben conscio che le soluzioni facili e le scorciatoie possono probabilmente far vincere elezioni immediate ma risultano nefaste sul medio e lungo periodo, per la propria parte politica e più in generale per il popolo che un uomo politico è tenuto a rappresentare.

In altri tempi avrei detto che Letta, come il suo amico Bersani per il nostro Paese, è stato un’occasione persa per l’Europa: oggi invece non la penso più così. Credo che ciascuno di noi sia chiamato a fare la propria parte in qualunque ruolo sia chiamato a ricoprire. E ritengo che la sua autorevolezza, oggi che non è più di parte, possa essere un tesoro da spendersi per stimolare i vertici dell’Unione a non perdere più troppo tempo in giochini sterili che hanno come unico effetto quello di allontanare sempre di più la gente da un destino europeo, cacciandola invece nel buio dell’isolazionismo.

Infine un’ultima considerazione stilistica: leggendo questo saggio mi è sembrato di assistere a una lezione del suo autore intento a raccontare a una classe liceale il perché la scelta europea è ancora attuale soprattutto per tale generazione, con estrema semplicità, sincerità e – forse è il caso visti i precedenti – tranquillità. Sì, appare un Letta assai “sereno”, ben più di quello che molti giornali riportavano dopo i fatti del febbraio 2014 e che Renzi ha grottescamente definito in “modalità broncio” nel suo ultimo libro “Avanti”: non c’è stato bisogno di un hashtag per recuperare una serenità che evidentemente gli studi accademici da un lato e il contatto con l’entusiasmo della gioventù dall’altro ha totalmente pervaso l’enfant prodige della seconda repubblica.

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