Il decimo anno

 In LIFE
Di fronte al camino dello Studio Ovale alla Casa Bianca, seduto alla scrivania della persona più potente del mondo, vi era ancora Giorgino Bush, il presidente più ridicolo che l’America abbia mai conosciuto prima di incoronarne uno ancora peggio. Ma un mese prima, dopo un’entusiasmante cavalcata iniziata nel freddo dell’Iowa quasi un anno prima, un avvocato dinoccolato mezzo africano, sprizzante carisma da ogni poro della sua pelle nera, aveva scritto una pagina della storia dell’umanità, diventando il primo uomo di colore a entrare al 1300 di Pennsylvania Avenue dalla porta principale.

Proprio lui, erede di quei “negri” che l’avevano costruita, diveniva l’inquilino pro tempore per quattro anni (che sarebbero poi diventati otto) di quella villa bianca dalla quale il Presidente degli Stati Uniti esercita tutto il suo potere e la sua leadership. Barack Hussein Obama – un nome in sé che era praticamente un programma elettorale nemmeno fosse il nome pontificale del successore di Pietro – aveva strapazzato un candidato assai dignitoso del GOP, quel John McCain che molti avranno rimpianto otto anni dopo quando le primarie del Partito Repubblicano sono state stravinte Donald Trump. Barack vinse con uno slogan di enorme portata comunicativa, quel «yes, we can!» diventato tormentone virale su tutti i social network che all’epoca ancora erano diffusi sì ma non tanto come oggi. E in quello slogan in molti ci abbiamo creduto e sperato: in quelle tre semplici parole abbiamo immaginato che ciascuno di noi avesse veramente ogni possibilità e che soltanto l’immaginazione di ciascuno di noi avrebbe potuto limitarle.

E poi arrivasti tu: sei nata sotto il segno di Obama nove anni fa e non c’è nulla di più che possa suggellare quanto “yes, we can!” sia veritiero che una nuova vita! In realtà c’eri anche in America, dentro la pancia di tua madre, quando abbiamo girovagato lungo la costa est; hai in qualche modo respirato anche tu l’entusiasmo degli stati che si apprestavano a incoronare Obama presidente: le villette con la staccionata bianca e il prato curatissimo con sopra i festoni elettorali, i comitati elettorali, la grande capitale così per certi versi artificiale ma anche affascinante. Noi europei siamo troppo abituati alla Storia che una città di poco più di due secoli la troviamo francamente quasi banale: sarà forse per questo che preferivamo sempre andare a scoprire il cuore profondo dell’America, le apparenti bizzarrie degli Amish con la loro vita ferma al XIX secolo, la vita lenta lungo la costa – lo shore – alla foce del Delaware. Non eri ancora nata e già avevi attraversato sei stati e un distretto federale! Forse è per questo che ti piace così tanto viaggiare, fare escursioni, gite fuori porta, scattare fotografie, correre libera e felice, inseguendo i piccioni in ogni piazza nella quale ti trovi!

Sono trascorsi nove anni esatti da quella notte che cambiò totalmente la nostra vita e tu entri nel tuo decimo anno. Fra un po’ non sarai più una bambina e come canterebbe Celentano … «il tempo se ne va e quelle notti non dormirò mai», anche se sai benissimo da quando sei al mondo che il verbo dormire ha assunto tutta un’altra serie di significati tranne quello precipuo che trovi nel vocabolario! Sei nel bel mezzo del tuo penultimo anno delle primarie e già ti immagino prendere l’autobus da sola per andare alle scuole dei grandi: hai quella curiosità che adoriamo nei bambini e che forse noi adulti un po’ abbiamo smarrito per quanto pigri siamo ormai diventati di fronte alle novità. Invecchiando si diventa un po’ tutti conservatori: d’altronde si dice che da giovani si è incendiari e da grandi si diventa pompieri!

Sei tosta (termine che calza benissimo anche se parliamo in siciliano!) e così piena di energie che ci impegnano ventiquattro ore su ventiquattro, sabato e festivi compresi. Stai imparando quanto siano complicati i rapporti umani e come la vita possa essere a volte dura. Ma è bello vederti felice e il tuo sorriso ripaga di ogni fatica che spesso ci sfianca al termine di ogni giornata, così zeppa di asprezze che soltanto il tuo abbraccio e la tua carica di vitalità riesce a sopire prima di addormentarci, spesso direttamente sul divano davanti alla TV.

Ti piace leggere (e non puoi nemmeno immaginare quanto sia orgoglioso di ciò, visto che con le parole ci lavoro anche io!) e giocare, ballare e nuotare: ti guardo ogni giorno crescere e comprendo sempre di più che se da un lato il mestiere di genitore è quello più complicato che ci tocca vivere, dall’altro comprendi che non potresti più farne a meno e non riusciresti più nemmeno a immaginare come potrebbe essere la vita senza prenderti in braccio almeno una volta ancora, come in quella mattina di questa foto scattata a Subiaco in mezzo alle montagne di San Benedetto.

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